LA GIOIA DI VIVERE DI HUNT SALES, DOPO IGGY POP, BOWIE E TIN MACHINE

Hunt Sales Memorial, ‘Get Your Shit Together’ 2019, © Big Legal Mess / Fat Possum Records

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4 Gennaio 2022
Due chiacchiere con Hunt Sales, celebre batterista del rock evolutivo di fine ’70 in America. Collaborò per anni con Iggy Pop e David Bowie. Era sua la batteria travolgente di “Lust for Life”, brano che diede il tiolo all’epico album di Iggy Pop nel 1977. In Italia potemmo vederlo dal vivo solo nell’ottobre 1991 con David Bowie e i Tin Machine al Teatro Brancaccio di Roma. 

Nel 2019 un’etichetta americana denominata Big Legal Mess / Fat Possum Records ha dato alle stampe un prodotto discografico inatteso. Si tratta di un lavoro solista realizzato da un musicista di lungo corso, ma che solo in età avanzata ha deciso di costruire un “esordio” artistico a proprio nome. Stiamo parlando di Hunt Sales, batterista americano con alle spalle un curriculum sbalorditivo, dal rock’n’roll al blues,  al jazz dixieland, e che ha spaziato ovunque nella grande musica americana,  sempre al fianco di star assolute.

In Italia lo conoscemmo per via della sua dirompente batteria che accompagnò Iggy Pop in quel momento di trasformazione, così evolutivo, della seconda metà degli anni 70. Hunt Sales era con Bowie nella fase berlinese della trilogia, ma noi italiani lo vedemmo per la prima volta solo nel 1991 al Teatro Brancaccio di Roma per due serate irripetibili, alla batteria dei Tin Machine, e avemmo modo di comprendere come Hunt Sales fosse un batterista d’avanguardia, persino quando interpretava un genere quasi retrò: si trattava in realtà di un retrò opportunamente rielaborato, come appunto i Tin Machine seppero fare in quei due dischi incredibili dei primi anni 90, producendo coraggiosamente una musica totalmente contraria a quella che i nuovi venti del brit-pop stavano diffondendo.

Questa produzione solista di Hunt Sales dunque ci ha colpito, perchè non accade mai di realizzare un esordio con un lavoro che in realtà rappresenta una sorta di memoriale, anche sonoro, e culturale. Nel disco “Get Your Shit Together”, sulla cui copertina, infatti,  campeggia in grande la scritta “Memorial”, ci ritroviamo ad ascoltare una miscellanea di suoni profondamente americani, una commistione di vecchio rock’n’roll ma anche di echi di sonorità blues mescolate a quella energia vagamente punk-evolutiva che contrassegnava i suoi lavori con Iggy Pop e altri artisti dell’età di mezzo.

Hunt Sales mentre interpreta il brano “Sorry”, con i Tin Machine al Teatro Brancaccio di Roma, 10.10.1991 (Marcello Nitti © Geophonìe)

La sua storia, quindi, attraverso questa sua pubblicazione, ci ha incuriosito: una storia di vagabondaggio, di droghe, di percorsi itineranti e trasversali tra  generi musicali diversi che sinora aveva probabilmente occultato la direzione artistica interiore che Sales serbava in sè stesso, e che oggi invece affiora.

Sig.Sales, non è facile decidere da dove  cominciare,  ma in qualche modo dobbiamo pur  “rompere il ghiaccio” , come si dice in Italia. Tu hai un’ottima reputazione come musicista e hai sempre dimostrato una forte coerenza musicale con chiunque tu abbia lavorato. Possiamo immaginare che tu abbia sempre suonato con musicisti vicini al tuo feeling, ma che ricordi hai dei tuoi inizi come musicista?  Ti sentivi sicuro o avevi paura di non fare bene?
“I miei ricordi degli inizi sono legati alla persona che diede impulso sin dall’inizio della mia carriera al mio amore per la musica,  Earl Palmer, un famoso batterista di New Orleans che aveva lavorato con Little Richard e Fats Domino. Ero a una sessione di registrazione a 6 anni e lo vidi suonare durante la sessione,  lo incontrai  quando lavorò su uno dei dischi di mio padre e ha cambiato la mia vita. Il fallimento non è mai stato un’opzione: non che io non abbia avuto fallimenti, ma – come si suol dire –  solo  chi non prova fallisce”.

-Quando alla fine degli anni ’70 suonavi con Bowie e Iggy Pop insieme a tuo fratello Tony, molti lodavano il tuo lavoro e l’intro che suoni nella canzone “Lust for life” rimane memorabile. Un “culto” che ancora affascina e produce energia e chiarisce come deve essere il “Rock”! Cosa puoi dirci di quel riff mozzafiato che suoni, che conservi per tutta la canzone e che ritroviamo nel film “Trainspotting”? Com’è nata l’idea della parte di batteria di quella canzone?
“ Si basa su diverse cose. Uno, Motown, “You Can’t Hurry Love”, “George of the Jungle” che è tratto da un cartone animato, e “Armed Forces Radio” a Berlino, in Germania, che è qualcosa che ho sentito molto mentre vivevo a Berlino con Iggy e David. Ho mescolato tutto insieme, e come molte cose nella musica non c’è niente di nuovo, o è come lo prendi in prestito o prendi un’idea per un’altra idea e la fai tua”.

Hunt Sales, Roma, Teatro Brancaccio, 10.10.1991 Marcello Nitti © Geophonìe

-Hai partecipato a due importanti svolte musicali di David Bowie e Iggy Pop, sempre in compagnia di tuo fratello Tony al basso nel periodo berlinese 1976-1977 e con Tin Machine a Montreux e in altri studi di registrazione. Anche oggi la tua interpretazione della canzone “Sorry” rimane una delle migliori canzoni del secondo album dei Tin Machine. Cosa ne pensi dell’esperienza con i Tin Machine oggi? È stato fatto tutto quello che volevi fare con Tin Machine?
“La cosa buona dei Tin Machine è che mi face suonare di nuovo la batteria. Prima dei Tin Machine avevo fatto molto arrangiamento e produzione per altri, ma non molto percussioni. Ovviamente lavorare con David, dopo così tanti anni dopo il 1976-77 con Iggy Pop, essere diventato un po’ più grande e ritrovare David, è stato fantastico”.

Finalmente per chi ama la tua musica è uscito il tuo primo album solista intitolato Hunt Sales Memorial “Get Your Shit Together”. Tu dici in “One day” :  sono solo. Cosa significa per te la solitudine? E’ un modo per fuggire dallo stress della vita, o trovi invece in essa qualcosa che ti dia più creatività?
 “Non si tratta di essere soli. Non si tratta di solitudine. È qualcosa di più, come stare con molte persone, amici di famiglia o sconosciuti e sentirsi soli. Ha più a che fare con un viaggio nella propria  testa,  piuttosto che alla sensazione di non appartenere o adattarsi. E’ un sentimento condiviso da molte persone, come l’outsider, il tossicodipendente, l’alcolizzato. Il sentirsi soli è una sensazione universale. Le persone dicono di sentire un vuoto in loro che non viene mai colmato. Ha a che fare con tutto questo, e anche più”.

Tin Machine, Roma, Teatro Brancaccio, 10.10.1991 Marcello Nitti © Geophonìe

-Oltre all’energia pura, cosa deve esserci in una canzone che suoni? Un testo di una storia vera?
“ Spero che in un modo o nell’altro qualcosa con cui posso relazionarmi debba essere nella canzone che darà il via a un sentimento, o a sentimenti che mi ispireranno. Speriamo che l’ispirazione sia condivisa anche con l’ascoltatore”.

-Il tuo primo album da solista è così reale, secondo me, e mostra il tuo brillante talento come compositore. Anche il tuo modo di cantare è caldo e ruvido nel modo giusto e questo non è comune per un batterista. Cosa c’è di magico per te nel tuo album?
“Ho una band e questa band è composta da me e da un ragazzo di nome Tjarko Jeen che viene dall’Olanda. Ho messo insieme questa band, The Hunt Sales Memorial, 10 anni fa,  la verità è che l’opportunità si è manifestata in un momento marginale della preparazione, il chè significa che ero preparato dopo aver provato centinaia di ore con questo gruppo e aver suonato nel corso degli anni. Quando si è presentata l’opportunità di fare il disco, ero preparato. Il disco è stato fatto alla vecchia maniera, in un lasso di tempo molto breve come i dischi degli anni Sessanta e Cinquanta”.

– Ti piacerebbe fare una serie di concerti in Europa?
“Sì, lo farei. Sto cercando il promoter giusto” .

– Ti senti completo come musicista o pensi che ci sia sempre qualcosa da imparare?
Sì, c’è sempre qualcosa da imparare”.

Cosa sono i sogni per te, signor Sales?
“Venire in Europa e buttare giù tutto”.

Marcello Nitti  © Geophonìe
riproduzione riservata.

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Pinhdar:  Flussi continui di intime sensazioni

Si intitola ‘Parallel’ il loro nuovo disco. 

In questi ultimi anni l’intreccio tra Musica e Letteratura ha finalmente trovato tributi ragguardevoli, specie se pensiamo al Nobel ricevuto da Bob Dylan, alla laurea ad honorem assegnata a Patti Smith e a tanti riconoscimenti che l’arte musicale colta ormai consegue:  ed è forse da poco tempo, dunque, che un nuovo pubblico riesce ad accostarsi e apprezzare  questa fusione, riconoscendo come talvolta parole ed atmosfere musicali riescano a fondersi, abbracciarsi, creando gomitoli di poesie.

Quale destino ci attende? Invece di ricercarlo, i Pinhdar il loro destino lo realizzano, costruendo trame intime ed avvolgenti.

Non è un caso che Max Tarenzi e Cecilia Miradoli siano ispirati dalla poesia del greco antico,  simbolicamente rievocando Pindaro, e che testi e musiche del loro secondo album siano un condensato unico ed uniforme di sfavillante bellezza.

PHINDAR, “Parallel” (Fruits de Mer Records, Marzo 2021)

Parliamo di artisti italiani che coltivano suggestioni, emozioni, visioni, apparizioni e ne offrono una celebrazione asciutta e profonda. Meraviglie nascoste, ma che possono essere svelate soltanto da un ascolto attento e riflessivo.

La voce di Cecilia Miradoli si lascia trasportare da tappeti di nuvole che accarezzano i sensi più delicati e palpitanti e non solo …… insieme a Max Tarenzi le composizioni diventano piccole opere di respiri rigeneranti.

Ogni brano di questo loro secondo album,  “Parallel” (Pubblicato nel Marzo 2021 in digitale, in CD e in un’edizione limitata in vinile pubblicata dall’etichetta inglese Fruits de Mer Records),  lascia apparire tra le ombre brividi di luce interiore e momenti di maestosa delicatezza.

Elegia dei sentimenti e del vivere l’istante. L’istante è il tempo in cui viviamo e che nutre l’anima che tanto preziosa è per noi tutti.

La musica dei Pinhdar ci abbraccia soffice e cresce in penombra con fierezza.

16/10/2021
Marcello Nitti © Geophonìe
Diritti riservati

 

“Parallel” prodotto da HOWIE B
26 marzo 2021 – 20 settembre 2021
su vinile in UK
Parallel è uno degli album di cui vado più orgoglioso ”
Howie B
Capolavoro del duo italiano con Howie B”
COLLEZIONISTA DI RECORD (Regno Unito)
Dark e atmosferico, tra dream pop e trip hop”
LA REPUBBLICA  (IT)

“Un’istantanea della vita vissuta nel 2020 ”
Prog (Regno Unito)

Fantastico e seducente
Suono elettronico (Regno Unito) 

 

7. Canale Navigabile e Corso Due Mari

Adrian Borland – Il Film in DVD

cover dvd adrian borlandIl 12 giugno 2021 si è finalmente realizzata l’autentica impresa sostenuta in Olanda dagli amici Jean-Paul Van Mierlo (produttore) e Mark Waltman (regista) in Olanda, anche grazie alla casa di produzione Sounds Haarlem che ha sostenuto lo sforzo finale.
Il film documentario su Adrian Borland che vide la luce il 19 novembre 2016, quando venne selezionato e presentato per la prima volta al Festival Internazionale dei Documentari di Amsterdam (IDFA), è oggi un DVD, con sottotitoli in cinque lingue, tra cui l’italiano.
Il film, inizialmente realizzato anche grazie a un crowdfunding, sinora era stato diffuso solo nei festival internazionali. In Italia soltanto il Festival Seeyousound di Torino nel 2017, e il Cinzella Festival di Taranto nel 2018 erano riusciti a vedersi autorizzata una libera proiezione. Oggi il documentario, bellissimo, è a disposizione del pubblico, dopo tante faticose trattative e accordi.
E così può dirsi conclusa la storia voluta da Robert Borland, padre del grande autore, che sostenne il progetto di realizzazione del film e del nostro libro regalando al mondo della musica una miniera semisconosciuta di vera arte. Robert aveva lottato fino all’ultimo per arrivare alla pubblicazione su scala internazionale di questo lavoro, ed era certamente consapevole che da questa storia ne sarebbero discese, poi, tante altre.
Le ricerche fatte, l’acquisizione di materiali audiovisivi, i contatti ritrovati con un mondo artistico che sembrava dissolto, hanno consentito di scoprire, valorizzare e infine produrre brani inediti straordinari, tanto da inaugurare una terza, nuova, e sino ad oggi totalmente sconosciuta, fase creativa di Adrian Borland. In contemporanea alla pubblicazione del DVD, infatti viene dato alle stampe “Lovefield. Neon And Stone”, dodici brani mai ascoltati prima.
Questa pubblicazione è il seguito del disco “Lovefield” del 2019 e costituisce la seconda selezione di brani nata dalla collaborazione tra Adrian Borland e il musicista e cantautore franco-svizzero Mark Hunziker. I brani vennero registrati nel 1993 nell’home studio di quest’ultimo a Londra su un registratore a cassette a sei tracce, come demo per un progetto di band di breve durata denominata appunto “Lovefield”. Questa fase compositiva non era nota, il materiale prodotto non era mai stato ascoltato prima – nemmeno nel circuito dei bootlegs – ed è stato rinvenuto direttamente negli archivi di Mark Hunziker che oggi ha sede a Toronto.
Rock alternativo, cantautorale, sonorità splendide talvolta oscure e cupe, e talvolta anche molto liriche, con momenti di grande impeto e intensità.
E’ un altro tassello, dunque, di una storia artistica straordinaria che merita ancora una volta attenzione e passione e che si aggiunge alla fase delle ristampe (anch’esse con inediti) già pubblicate dagli amici olandesi di alcuni dischi solisti (“Beautiful Ammunition” e “Cinematic”) di cui in questi anni, specie in Italia, si erano quasi perse le tracce.

6. Buffoluto e dintorni