Il culto dei “Cult”

“Sanctuary Of Love”  è il nome della tribute band italiana dei Cult.
Al Beer Garden di Cotignola (Ravenna) il prossimo 17 settembre.

 

Tony D’Amato con Steve Brown. produttore di The Cult (Antonio D’Amato © Geophonìe)

…. “La nostra band è nata in tempi recenti, nel 2018 per amicizia e per la voglia di stare insieme sul palco” – ci racconta con emozione Tony – “con l’idea di rivivere in chiave attuale il sogno di rendere tributo ai The Cult”.

Si tratta in realtà di un sogno già vissuto sin dal 1986 quando Alberto (Voce) e Tony (Lead Guitar) fondarono a Mestre gli Straightway, una garage band gothic rock, una delle tante che nacquero in quegli anni ricchi e intensi di sperimentazione, affascinati dal desiderio di riprodurre la musica del LOVE album di Astbury e Duffy, masterpiece prodotto dal mitico Steve Brown.  Quello fu il loro primo repertorio che includeva pure alcuni brani inediti e qualche cover di Cure, Alarm e U2.

Alberto Corradini e Tony D’Amato (Antonio D’Amato © Geophonìe)

I  Sanctuary of Love risiedono tutti in provincia di Venezia esibendosi nei locali e Live Club che abitualmente amano accogliere la musica gothic rock, ben lieti di proporre anche band definite più di nicchia. Oltre ad Alberto Corradini (voce) e Antonio “Tony” D’Amato (Lead Guitar), la band è composta da musicisti di lunga esperienza, molto noti nel panorama punk, rock e metal del Veneto, come i fratelli Mattia e Marco Manente, rispettivamente bassista e chitarrista, e Andrea “Cipo” Goatin alla batteria.

“Il logo creato per identificare la band è  significativo” – dice Tony –  “poiché rappresenta in primo piano il carattere “gothic” più cupo utilizzato nell’album “Love” intersecato con lo sfondo hard rock di “Electric”fondendo così le due anime musicali dei Cult”.

Fu proprio Steve Brown, colosso della produzione musicale Londinese (produttore anche di Freddy Mercury, Wham, Alison Moyet, e molti altri), ad assumere inaspettatamente un ruolo fondamentale nel confermare i Sanctuary of Love come riferimento per i fans dei Cult nel nord est.

“Ci piace eseguire i brani del nostro repertorio” –  ci racconta Tony – “rispettando le esecuzioni originali e il sound live attuale che i Cult continuano ad offrire nei recenti tour “Electric 13“, “Alive in the Hidden City” e “The Year of A Sonic Temple, 30th Anniversary”.

 

(Antonio D’Amato © Geophonìe)

Dal nome della band è evidente che il sound dell’album “Love” faccia ormai parte del DNA della tribute veneziana mentre “canta di lupi e deserti, di piogge liberatorie, di uomini-ombra e di sacerdotesse del sesso, di visioni mistiche e mitiche fenici” (Breus 2007).

“Nirvana” travolge con la sua dinamica gothic rock dal basso ficcante, “Rain” ci invita a danzare intorno al fuoco invocando la pioggia e “She Sells Sanctuary”, il brano in assoluto più famoso dei Cult, rappresenta la donna che concede il suo grembo, appunto il suo “Santuario” dove “dentro di lei troverò il mio santuario mentre il mondo mi trascina giù”.

 

Tony D’Amato (Antonio D’Amato © Geophonìe)

I Sanctuary of Love partecipano attivamente alle iniziative del fan club internazionale THE CULT FAMILY, a volte anche Insieme ad altri musicisti “guests”, veri devoti dei Cult. Qualche anno fa i Sanctuary hanno suonato allo storico club “Black Star” di Ferrara in occasione della prima convention The Cult in Italia, proprio di fronte all’amico Steve Brown con la benedizione via social da parte di Billy Duffy che per l’occasione inviò un video di auguri a tutta la Cult Family.  “Fu la conferma che il nostro destino sarebbe stato ancora più legato ai Cult”, – ci scrive Alberto, front man e voce dei Sanctuary – “diventando amici di colui che creò e produsse il sound anni ‘80 dei Cult dove per noi tutto ebbe magicamente inizio”.

Alberto Corradini (Antonio D’Amato © Geophonìe)

“Parlai del Medimex proprio con Steve Brown” – ci confida Tony – “e non avrebbe avuto difficoltà a parteciparvi in futuro”. Purtroppo, un male improvviso se lo è portato via a gennaio 2021 lasciando in eredità ai Sanctuary la ferma volontà di proseguire con la loro tribute band, anche per onorare l’amico Steve.

Tony, che ricopre il ruolo di “Billy Duffy” nella band, segue abitualmente i Cult in giro per l’Europa, e spesso ha avuto occasione di incontrare i membri della band prima dei loro concerti. “Sono amico di John Tempesta, il batterista attuale dei Cult” –  continua Tony – “con il quale sono spesso in contatto: ci si vede sempre prima dell’inizio di un loro concerto. John è un batterista talentuoso, pur rimanendo una persona semplice sempre disponibile con tutti…. Il sangue italiano non mente!”.

Una simpatica coincidenza, Tony, con il nickname Instagram “tonythecult”, ama fotografare la band dei Cult ad ogni concerto e alcune sue foto sono state scelte proprio da Billy Duffy e da Mick Peek (fotografo ufficiale dei Cult) per rappresentare nella pagina web ufficiale di Billy, le immagini del tour “Hidden City”, https://www.billyduffy.com/news/more-alive-in-the-hidden-city/

Un curioso aneddoto: Tony nel 1986 si vestì esattamente come Billy Duffy nel video di “She Sells Sanctuary” per un servizio fotografico. “Mostrai a Billy Duffy questa foto in bianco e nero di me adolescente prima di un recente concerto e Billy mi chiese di poterla autografare.

Ovviamente risposi che sarebbe stato un onore! Immaginate la mia emozione quando Billy mi guardò negli occhi e poco dopo autografò la foto con dedica scrivendo “Almost… Billy Duffy”. Si tratta in fondo di amicizia, pace e amore ….. “Love Obviously, very soon, everybody”.

Giuseppe Basile © Geophonìe
(06.09.2022)

 

PINDHAR: Live in Taranto, 23.10.2021, SpazioPorto

Pindhar, 23.10.2021, Taranto, SpazioPorto – (Foto Franzi Baroni © Geophonìe)

Il duo milanese a Taranto, allo Spazioporto, esegue dal vivo il proprio disco del 2021, “Parallel”.

23 ottobre 2021. Una serata tiepida autunnale di fine Ottobre accoglie i Pinhdar a Taranto nel nuovissimo “Spazioporto”. Prima di entrare è possibile scambiare opinioni sulla band milanese che ha all’attivo due album, e questa sera l’aspettativa è  quella di di poter apprezzare i loro nuovi brani in versioni dal vivo.

I Pinhdar sono Cecilia (voce e sentimento) e Max (chitarra e tastiere), si esibiscono con l’aiuto di Alessandro Baris alla batteria.

L’attesa è piacevole grazie alla comoda sistemazione dei posti a sedere. Personalmente attendevo con interesse questo concerto per ascoltare dal vivo una band italiana che a mio parere ha realizzato uno dei migliori album (Parallel) in Italia del 2021.

Le aspettative erano concrete per via delle eteree e sognanti atmosfere delle composizioni di Parallel, pubblicato dalla britannica “Fruits De Mer”,  co-prodotto insieme ad  Howie B (Howard Bernstein), stimatissimo produttore (fra l’altro anche di  Siouxsie and the Banshees).

“Corri” e “Parallel” sono già di per sè bellissime, ma dal vivo si animano con passione, grazie alla grande bravura al canto di Cecilia e al mosaico chitarristico di Max.

 

Pindhar, 23.10.2021, Taranto, SpazioPorto – (Foto Franzi Baroni © Geophonìe)

Attraverso le loro composizioni, che inducono a cambi di umore in ascensione,  i Pinhdar riescono a suggestionare e  creare mondi armoniosi.

Nel cuore del concerto si assiste a un meraviglioso inseguirsi di voci e suoni che rendono avvincente la scena, creando un pathos di grande intensità.

Una conferma auspicata, quella dei Pinhdar, che hanno potuto dimostrare grande padronanza di esecuzione e di magica tensione emotiva. Il concerto si sviluppa intorno al loro secondo album Parallel:  la performance è fantastica e ben apprezzata dal pubblico che segue con attenzione, per poi applaudire con grande sostegno ogni brano.

 

 

Pindhar, 23.10.2021, Taranto, SpazioPorto – (Foto Franzi Baroni © Geophonìe)

Il concerto si chiude con due brani che concludono una serata speciale dimostrative della caratura internazionale della band milanese che con originalità e talento ha proposto la propria arte musicale con grande maestria.

Le ricerche sonore e vocali dei Pinhdar derivano da profonde radici che toccano anime sensibili e  cuori gentili.

I Pinhdar sono una realtà che con il loro album Parallel si affermano come una band di grande spessore emotivo.

Il loro concerto è stato la celebrazione delle loro emozioni.

Insieme sicuramente al loro prossimo concerto.

 

Marcello Nitti © Geophonìe
Foto: Franzi Baroni

 

Va tutto bene stanotte. Sul piatto che Mr. Bowie

E’ uscito “Tonight”. Lui ha lasciato la Rca per un affare da 14 milioni di dollari.

A trentasette anni suonati Mr. David Bowie ritorna al pubblico internazionale con il nuovo lavoro dal titolo “Tonight”. Dopo un periodo di silenzio discografico dell’81 e dell’82, Bowie abbandona la Rca per firmare un contratto di 14 milioni di dollari con la Emi per tre albums.

“Let’s Dance” dell’83 indusse Dav id Bowie ad approntare una grande tournee mondiale sino ad arrivare in Nuova Zelanda e a Hong-Kong, dove ci furono in quattro serate ben 800.000 spettatori.  Non si era sforzato granchè per le composizioni di “Let’s Dance”, visto che conteneva due brani datati e una  “cover” dei Metro,  “Criminal World” e non si è sforzato nemmeno col nuovo “Tonight” visto che il suo brano omonimo è una sua composizione del 77, allora cantata da Iggy Pop.

Troviamo anche “Neighborhood Threat” sempre del 77, “Don’t Look  down” dell’80 e due “cover”.  La prima dei Beach Boys, “God Only Knows”, e la seconda del famoso duo di autori per Elvis Preslet e Tom Jones degli anni sessanta Jerry Leiber e Mike Stoller, dal titolo “I keep forgettin”.

Ma veniamo alla fattura del disco: “Bowie ancora una volta ha voluto i fiati e in più arrangiamenti per orchestra grazie ad Arif Mardin. Il suo fido Carlos Alomar alla chitarra. Viene fuori un disco per molti gusti, Bowie spazia, si avvicina al reggae con “Tonight”, dove duetta con la voce di Tina Turner: “Andrà tutto bene stanotte / Nessuno si muove / Nessuno parla / Nessuno pensa /Nessuno cammina stanotte, stanotte (da “Tonight”).

Poi  ammicca ancora in un brano sinfonico con Carlos Alomar in bella evidenza, “Loving The Alien” : “Pensando ad un diverso periodo / Palestina: un problema moderno / generosità è il tuo problema in terra / terrore in un piano ben disposto (da “Loving the Alien”).

I momenti migliori li troviamo in “Dancing with the big boys”, ritmata e metropolitana, con la seconda voce di Iggy Pop in “Tumble and Twirl” accarezzata da ricordi estivi trascorsi in riva al mare tra amache e noci di cocco e “Blue Jean” accompagnato da un video di 22 minuti diretto da un mostro sacro del genere: Julian Temple, e presentato in anteprima alla Biennale Cinema di Venezia. “Guarda fuori al mondo che conosci / io ho il mio / lei ha radici latine / lei ha tutto (da “Blue jean”).

Ma il brano più bello e più trascinante è senza dubbio “Neighborhood Threat”, che eccita ed esalta come ai tempi di “Ziggy Stardust”. “Se non puoi aiutarlo / non lo può fare nessuno / Ora che sa che non c’è nulla da avere / scommetterai ancora sulla / minaccia del vicinato” (da “Neighborhood Threat”).

Ogni nuovo album di David Bowie suscita sempre passione e amore e naturalmente troverà tutti i suoi fedeli ascoltatori dalla sua parte. Ma forse è meglio dire soltanto: “Tonight” è il nuovo album di Mr David Jones, in arte David Bowie.

Marcello Nitti © Geophonìe
Corriere Del Giorno

02.04.1983 Caro Mister Massarini, hai perduto la fantasy?

Marcello Nitti © Geophonìe. 02.04.1983, Corriere Del Giorno

Di scadente qualità la trasmissione musicle della Rete 1.
Novità discografiche ignorate, concerti maltrattati. Che cosa è accaduto dopo l’esplosione punk.

Due note. La prima: attualmente stiamo attraversando un lungo periodo di confusione. Molti gruppi sono nati dopo l’esplosione Punk, che avvenne nell’ormai mitico biennio 76-77. Di conseguenza vari stili sono andati miscelandosi, dando forma a una serie di collaborazioni di breve durata.

Più di una volta la stampa britannica ha riportato nelle sue colonne notizie di nascita di estrosi gruppi – vuoi in stile western, vuoi in stile pirata, macho, africano – cose che oggi non fanno più sensazione.

Una collaborazione senza una precisa immagine scenica è quella che hanno effettuato, da circa un anno, l’ex bassista della “Gang Of Four” e l’ex tastierista degli “XTC”.

Il nome che si sono dati è “Shrieback” ed il loro primo risultato è l’album “Cave” (edito dalla “Y Records”). Fusioni ritmiche corpose, cesellate benissimo da Dave Allen (basso) e intessute da Barry Andrews (tastiere). Vi ricordo che l’Andrews, dopo essere stato alla corte di Robert Fripp, continua a lavorare con molto gusto.

La seconda nota la dedico a “Mister Fantasy”, trasmissione di Stato che sta scadendo di qualità. Non c’è dubbio: “Mister Fantasy”, per ovvi motivi di mercato, ci propone sempre gli stessi video e/o angoli tappabuchi come le “video-lettere”.

Chiediamo: più notizie riguardanti le novità discografiche internazionali e filmati sui concerti di buona fattura che si svolgono in Italia, con relative interviste.

Nell’ultimo anno in Italia si sono esibiti i “Virgin Prunes”, i “Simple Minds”, gli “Ultravox”, gli “XTC”, i “Bootown Rats”, “Siouxsie and the Banshees”, “Dead Kennedy’s”, “Bauhaus”, “New Order”, “Echo and The Bunnymen” e altri ancora, i quali puntualmente non hanno trovato spazio nella trasmissione del caro “capello scolpito”.

Marcello Nitti © Geophonìe
02.04.1983, Corriere Del Giorno

10.10.1984. Un disco al giorno. I sogni dei Prefab Sprout.

Marcello Nitti © Geophonìe.  10.10.1984, Corriere Del Giorno

 

Dicono bene i New Order che “i sogni non finiscono mai”;  infatti non c’è niente di più azzeccato nel definire l’esordio dei “Prefab Sprout” un vero e proprio collage di sogni.

“Swoon” è il titolo dell’ultimo disco.

I fratelli Paddy e Martin McAloon insieme alla dolcissima voce di Wendy Smith formano il trio, e il loro nome, “Prefab Sprout”, così simpatico e buffo, ha più il sapore di uno di quei prodotti da cucina americani che non il nome di una band inglese, capace di una musica acustica, ricca di variazioni e deliziosamente notturna.

Dicevo che “Swoon” è il loro album, e oltre ai nostri tre amici c’è anche Graham Lant alla batteria che percorre tutti i brani con un tocco magico, caricandoli di swing, così presente ovunque. Le undici composizioni sono di una bellezza unica e a mio avviso ci troviamo di fronte ad uno dei migliori album del 1984: provate ad ascoltare “Couldn’t bear to be special”, così leggera e soave che ti sembra di essere a bordo di una nuvola ad osservare i tuoi amici rimasti a bocca aperta, e poi ancora “Cue fanfare” e “Here on the eerie” rifinite da chitarre acustiche e tastiere da sembrare amorevolmente un prodotto di alta oreficeria.

“Ghost town blues” invece ti porta in un bar fumoso pieno di gente con tanta voglia di raccontare ciò che non hanno mai fatto e quel pianista che danza sui tasti del suo strumento ci strizza l’occhio con un sorriso pieno di felice rassegnazione. Quello che fanno grandi i “Prefab Sprout” è la loro maniera di cantare, le loro melodie sono frastagliatissime, la loro voce di Wendy Smith si colora di tinte senza nome, e l’uso che ne viene fatto in “Don’t sing” e in “Elegance” ne è una prova convincente.

Paddy McAloon che è il masimo autore dei brani di “Swoon”, è anche la voce principale, molto originale e molto confidenziale, e l’esibizione “Technique” e in “I never play basketball now” dovrebbe convincere i più scettici. In finale le più belle composizioni dell’intera raccolta, “Cruel” e “Green Isaac I “ e “II”, dove sono fuse tutte le qualità dei “Prefab Sprout”, la giusta dolcezza che accarezza una nuda spalla femminile addormentata di fronte alle stelle chiacchierone.

Marcello Nitti © Geophonìe
10.10.1984, Corriere Del Giorno