Vinicio Capossela (01.06.22, Modena, Teatro Comunale Pavarotti) G.Basile © Geophonìe

Modena, 01.06.2022, Teatro Comunale Pavarotti

Ciascuno di noi ha delle radici, quelle che ci determinano, che ci condizionano, che costruiscono l’approccio al mondo  con cui elaboriamo le nostre visioni.

Quando si ascolta Vinicio Capossela, però, e soprattutto si pone attenzione ai suoi testi, quelle liriche ci risultano talmente piene di immagini, personaggi, luoghi e suggestioni che è difficile individuare le sue: “I suoni fanno da sfondo ad un mondo immaginario. Un mondo pieno di guai, affollato di guitti stralunati, strade chiassose e vecchie macchine”.  E’ una musica, la sua, che richiama echi di jazz, di Sudamerica, di melodia tradizionale italiana del secolo scorso, ma anche di musica etnica, in una contaminazione imprevedibile di profumi di Mediterraneo e di Messico, di Cile, di blues teatrale.

 

Flacoleo Maldonado “Flaco” e Vinicio Capossela (Modena, 1.6.22, Teatro Pavarotti) G.Basile © Geophonìe

 

E’ difficile collocare Vinicio in uno scenario musicale specifico, e la sua storia biografica personale talvolta neppure aiuta.  Il 1° giugno 2022, però, nel concerto al Teatro Pavarotti di Modena Vinicio ha festeggiato i suoi trent’anni di carriera (trentadue, per la precisione) davanti a una folla di appassionati e amici (tanti) accorsi a salutarlo e con i quali si è magicamente manifestata quell’atmosfera di familiarità, di affetto e condivisione che ha mostrato a chi ne era estraneo le radici di questo cantautore particolare, apparentemente estroverso e gioviale, ma anche misterioso, tenebroso e criptico, tante sono le sfaccettature che la sua musica e i suoi testi offrono.

Vinicio Capossela e Antonio Marangolo (G.Basile © Geophonìe)

Una musica e un linguaggio complesso, quello di Capossela, talmente denso e ricco di storie, significati, suggestioni, che in questo caleidoscopio si fatica a trovare lui, la sua anima, l’interiorità che si nasconde dietro quei sorrisi goliardici e quelle oscurità notturne che lui espone con un pathos tutto suo, che fa emozionare, commuovere, ma che poi inaspettatamente vira verso una gioiosa socialità fatta anche di storie raccontate, di aneddoti, di presenze o assenze di amici evocati o convocati all’improvviso sul palco, per bere un bicchiere di vino, recitare una poesia, cantare senza regole come in un’osteria.

Vinicio Capossela (Modena, 01.06.22, Teatro Pavarotti) (Giuseppe Basile © Geophonìe)

Il concerto di Modena, nonostante la sfuggente natura di Vinicio, però, è tutto per la città attorno alla quale ha gravitato per anni incrociando i suoi destini con anime elette che lui porta con sè e che stasera esplicitamente celebra. Con lui c’è Antonio Marangolo al Sax, un monumento della storia musicale italiana, di questa musica, quella che dall’Emilia e dal Piemonte ha generato la miscela di jazz, di tropicalismi, di atmosfere cantautorali tipicamente italiane  e cariche di contaminazioni con cui Paolo Conte ha descritto  “un mondo adulto”, quello in cui “si sbagliava da professionisti”, ma c’è anche Enrico Lazzarini al contrabbasso, che durante la serata cede il posto ad un ospite, Glauco Zuppiroli, modenese, uno degli iniziatori assoluti del percorso artistico di Vinicio.

Da sin. Glauco Zuppiroli, Alberto Nerazzini, Flaco e Vinicio Capossela (Modena, 01.06.22, Teatro Pavarotti. – Giuseppe Basile © Geophonìe)

I fidati Zeno De Rossi alla batteria e Giancarlo Bianchetti alla chitarra compongono l’ensamble centrale del concerto che spazia fra tutti i classici del repertorio, tutti brani che il pubblico modenese segue con attenzione perchè conosce perfettamente.

Molti racconti sul Florìda, sulla Stazione Piccola, sui girovaghi notturni di una Modena  diversa da quella che conosciamo si susseguono, sul palco Vinicio si muove come un gran cerimoniere: all’improvviso invita un anziano signore, a suonare e cantare con lui, si chiama Flacoleo Maldonado, detto Flaco, un fondatore del Florìda e un decisivo importatore di ritmi e parole sudamericane, un profugo, un intellettuale, un bevitore.

Si parla, si suona e si canta, anche quando sul palco si aggiunge Alberto Nerazzini, giornalista che spazia tra testi, poesie e ricordi di una modenesità di nicchia, quella legata a un Florìda ove si parlava di Cile, di dittature, di donne e di ritmi da ballo fuori moda, di un altro mondo.

I brani del suo disco d’esordio, “All’una e trentacinque circa” vengono eseguiti quasi tutti, l’omonimo brano viene ripetuto anche come bis, ma il concerto regala anche  “Che coss’è l’amor”, “Non è l’amore che va via”, “Tornando a casa” , “Il mio amico ingrato”“La regina del Florida”, “Ultimo amore” , “Camminante”. Serata modenese, serata mistica in cui la musica di Vinicio e un pubblico competente e appassionato svelano un magico senso di reciproca appartenenza.

Giuseppe Basile © Geophonìe
(06.09.2022)