31.03.1983. The Stranglers. Occhiate furtive all’Europa

 

31.03.1983, Corriere del Giorno

Un gruppo al di sopra delle etichette. Amano l’Europa e di tanto in tanto risiedono in città come Parigi, Bruxelles, Zurigo …

Sono gli Stranglers. Hanno all’attivo nove album dei quali uno registrato dal vivo. Nel dicembre ’82 è uscito il loro ultimo lavoro dal titole “Feline”. Occhiate furtive e nitide di questa Europa intramontabile. Un prodotto sincero, immediato. Almeno due canzoni rimarranno dei classici. Stiamo parlando della fantastica e geniale “The European Female” e della corale “Paradise”.

Jean Jacques Bournel e soci ci hanno così regalato un’altra gemma dopo lo splendido “La Folie” e come di solito accade è sempre difficile mantenersi di lavoro in lavoro ad alti livelli. Gli Stranglers ce l’hanno fatta e speriamo di  poterli vedere in una tournee italiana.

Marcello Nitti ©Geophonìe

Polyrock un po’ figli di regina

 

A Triggiano l’atteso concerto del gruppo americano. Venerdì 15 arrivano i “Virgin Prunes”.

Triggiano – Nel palazzetto dello sport di Triggiano venerdì sera sono arrivati venerdì sera molto più numerosi che al precedente concerto degli Echo and The Bunnymen. Diciamoci la verità: i “Polyrock” erano attesi con grande curiosità dai pugliesi.

Dopo l’esibizione dei “Vox Rei”, un gruppetto locale, alle 23 i Polyrock sono saliti sul palco turbati subito da un piccolo incidente occorso a Billy Robertson, il cantante chitarrista, che nell’imbracciare la chitarra si è colpito involontariamente col manico su una sopracciglia ferendosi a sangue. Poca roba comunque. Così gli “americani” hanno aperto lo spettacolo con “Indian Girl” tratto dal loro ultimo album. Ma è stato con il secondo brano che siamo entrati nel mondo del “Polyrock-sound”.

M.Nitti © Geophonìe

Una musica ritmatissima e colorita dai rari appunti dei synths. Billy Robertson è al centro, ed è proprio lui che ha prodotto le migliori canzoni.

Ma la vera sorpresa è stata data tuttavia dal nuovo entrato, che ha preso il posto di Tommy, fratello di Billy, alla chitarra.  Pulito, versatile e qualche volta trascinante, ha tenuto bene la scena producendosi in due “bis” veramente azzeccati.

M.Nitti © Geophonìe

I Polyrock hanno eseguito le loro migliori canzoni, da “Changin Hearts” a “Love Songs” , da “Like Paper on a rack” a “Working on my love”. In conclusione due bis di due brani ciascuno. In definitiva si tratta di un gruppo che strizza l’occhietto a qualche cosa di inglese, ma con una propria indiscutibile identità. Una band che sicuramente riuscirà in breve ad imporre il proprio sound, senza cadere nella trappola del commerciale bolso e scontato.

L’unico neo forse è da cercare nella pochezza dell’impianto luci che avrebbe meritato più considerazione, data la musica particolarmente pulsante dei Polyrock.

Vi ricordo che il prossimo venerdì 15 aprile a Triggiano si esibiranno anche i Virgin Prunes, gruppo irlandese. Ma ne parleremo in futuro.

Marcello Nitti © Geophonìe

MUSICA /«Black Heart», canta Marc Almond (Soft Cell)

 

Mi faccio strada col piccolo E.P.

Gli E.P. (extended play) sono nati per precise esigenze commerciali: anzitutto per una migliore resa della parte incisa, che tranne in alcuni casi è quasi sempre a 45 giri; In secondo luogo per un migliore uso in  discoteca, essendo un 12”; infine per promuovere con più frequenza i gruppi o i cantanti da parte delle case discografiche.

Ultimamente gli E.P. svolgono una incisiva influenza sulle vendite successive degli ellepi. Se l’E.P. è di successo, anche l’album che lo seguirà avrà buoni indici di vendita. E’ il caso per esempio di «New Gold Dream» dei Simple Minds i quali, prima di pubblicare l’album, fecero addirittura uscire ben due E.P., il superfamoso « Glittering Prize» e «Promised you a miracle».

 

Di questi giorni è d’altra parte la pubblicazione per l’etichetta «Some Bizzarre» di un 12’’ di Marc And The Mambas che altri non è che Marc Almond, la metà dei raffinatissimi Soft Cell.

Dopo aver pubblicato nello scorso dicembre un album con incluso il solito 12’’ in omaggio, ora Marc Almond pubblica «Black Heart» (comprendente «You Aura») che piace al primo ascolto. Marc è la voce dei Soft Cell, gruppo ormai famoso anche per il remake di «Tainted Love».

In questa sua nuova avventura, senza separarsi dai Soft Cell, Marc si fa aiutare da Matt Johnson, meglio conosciuto come The The. Il lavoro che ne è scaturito è molto esaltante, due composizioni romantiche cantate magistralmente da Marc e accompagnate da un gruppo di suoi amici per quanto riguarda i fiati e i violini.

Il tutto risulta senza dubbio un piccolo gioiello e le fonti d’Oltremanica ci informano che presto sarà pubblicato un nuovo album ricco di sorprese e che anche Matt Johnson o The The sta preparando il seguito dei suoi due successi, «Uncertain Smile» e «Perfect».

Vedremo chi di questi amici-rivali riuscirà a impressionarci di più.

Marcello Nitti © Geophonìe

Heaven 17 Una  tentazione da ballare in elettronica

 

In attesa che esca alla fine di aprile l’atteso album degli Heaven 17, ecco che viene pubblicato “Temptation”, un EP con tre brani. Dopo il successo dell’81 di “Penthouse and Pavement”, il gruppo si è mantenuto in una fase di edificazione e di mantenimento del proprio successo, pubblicando nell’ottobre ’82 un singolo di qualità, “Let me go”. Grazie a un bellissimo video, il singolo ha trovato posto dappertutto; radio, discoteche, tivù, ed è praticamente da allora che gli Heaven 17 stanno pensando e preparando il prossimo lancio discografico.

L’atteso album del terzetto di Sheffield avrà per titolo “The Luxury gap”. A mio parere gli Heaven 17 sono unici nel proporre musica elettronica da ballare a questi livelli. Non c’è nessun gruppo capace, in maniera originale, come loro.

“Temptation” si discosta da “Let me go”. Vi troviamo “We live so fast”, velocissimo brano di electronic-dance portata a livelli raffinati, con un intreccio di synths sbalorditivo, con una ventata di freschezza immancabile. Inoltre l’omonimo “Temptations” cantato in coppia con Karol Kenyon; e infine “Who’ll stop the train”, già pubblicato sul mercato americano.

In definitiva gli Heaven si confermano sicuri della loro “società commerciale” e cercheranno di portare ovunque il proprio marchio. Attendiamo il calendario dei concerti per gustarci i loro hits.

Marcello Nitti © Geophonìe

31.10.1984. Pete Wylie chi è costui? (leggete e scoprirete)

 

Il suo è  forse il più bell’album dell’84

A molti, il nome non dirà granchè, visto che i suoi lavori non hanno un seguito entusiasasmante e che lui ama firmarsi con il nome di Mighty Wah. Inglese, grande amico-nemico di Ian McCulloch degli Echo and the Bunnymem e di Julian Cope dei Teardrop Explodes, Pete Wylie collaborò proprio con questi musicisti in una Liverpool sempre rivolta ai Beatles intorno al ’77-’78.

Pete Wylie dei tre ha avuto meno successo, ma non per questo è da considerarsi il meno preparato; anzi forse dei tre è quello che più è riuscito a spaziare in diversi generi musicali. Indubbiamente, una varietà di stili ha disorientato la sua audience, ma ha arricchito notevolmente le sue attuali composizioni. Pensate che Pete Wylie non riusciva ad ottenere un contratto discografico perché le sue canzoni erano valutate in maniera disastrosa.

Per fortuna nell’estate dell’84 veniva pubblicato un E.P. che era il preludio alla pubblicazione di un album; il titolo del singolo “Come Back”,  ovvero un gradito ritorno all’eclettico Wah. Subito dopo esce l’album “A word to the wise guy”: un capolavoro. L’album contiene in omaggio un E.P. dal titolo “You Learns” cantata in un “rap elettrico” da Eugene Lange, e un opuscolo con testi delle liriche. I brani contenuti hanno il potere di accennare entusiasmi, di far vorticare sogni-idee-pensieri, di soddisfare passione e di far amare.Ogni perla di questa collana ha il suo colore nutrito da altri colori, forse il più bell’album del 1984.

Provate ad ascoltare “Weekends” o “I know was somethings” e le influenze soul penetreranno nella pelle, o ancora “Come Back” o la grandiosa “Body ‘n’ soul” dove fiati e cori sembrano fiumi di farfalle volteggiare in un’aria di festa, fino a raggiungere il vertice con “The last Generation”, dove il buio ha vergogna di esistere.

In questi giorni appare sul mercato un altro E.P. di Pete Wylie (in arte “Wah!”) e contiene tre differenti versioni di “Weekends”, “The lost generation” e “Body ‘n’ soul”, trattate con semplicità acustica e con un’intimità da rispettare. Il miglior album dell’84, dicevamo, ha come titolo “A word to wise guy” e Pete Wylie ne è l’autore, e lui stesso, forse con una punta di presunzione, che a volte non guasta, ci ricorda che “le cose di qualità non hanno paura del tempo”.

Marcello Nitti © Geophonìe