Si formano e si sciolgono. Si ricostituiscono e tra loro si rimescolano. Sono le cover band (o ‘tribute band’, come preferiscono farsi chiamare) che imperversano nei circuiti underground dell’Emilia Romagna e del Lombardo-Veneto.
Le loro sono storie di vita, prima che musicali: perché quando l’amore per certi artisti fa parte di te, quella musica diventa vita, la tua vita, e a tutti i limiti del progetto non si pensa più. A dispetto di mille problemi si sale sul palco, sempre e comunque, percorrendo centinaia di chilometri, caricando e scaricando strumenti da automobili piene zeppe come furgoni, spesso per pochi soldi, poche speranze. Ma con un amore nel cuore a cui non puoi resistere, che non puoi sopprimere, anche quando tutto consiglierebbe di farlo, o almeno, di provarci.
L’idea di una cover band è, per sua natura, un progetto perdente. In sè stessa nasce già con un limite. Si decide di portare in scena la musica dei propri idoli di fronte a un pubblico che nel migliore dei casi è composto da ‘reduci’, sopravvissuti di un’altra era musicale, e che per questo trascorre queste serate in un clima di visibilio collettivo, divorato dalla nostalgia, dalla propria storia generazionale;
E nel peggiore dei casi è composto da occasionali avventori, testimoni di un’altra età, ragazzi distratti che non hanno conosciuto Bowie e Lou Reed, che non si emozionano di fronte a ritmi forsennati o atmosfere oscure, a scenari di un altro mondo in cui il disagio, la solitudine, l’emarginazione, o anche la protesta collettiva, sociale, politica, culturale, diventavano anche estetica, espressione artistica, ricerca sonora.
Il pubblico dei più giovani non è traghettato verso quegli scenari artistico-sociali descritti dagli artisti illuminati che le cover band ancora celebrano e onorano con la loro militanza sui palchi: ma non ha alcuna importanza. Quando i grandi amori sono davvero grandi, sono eterni. E le cover band sanno di non potersi sottrarre a questo imperativo categorico che le identifica, che caratterizza le storie personali di questi musicisti off, ma in fondo poi non così off come può apparire.
Molti di loro hanno studiato per anni e anni, hanno provato migliaia di volte quei brani che i loro idoli avevano regalato al mondo, e a volte sanno suonarli persino meglio degli originali. Per questo certe serate sono commoventi, serate di testimonianza, cariche di fierezza, e dunque molto più vere, vive, autentiche dello show-business finto e stereotipato cui assistiamo oggi.
I Permanent, sbalorditiva tribute band veneta, dopo circa 150 serate in giro per tutto il Nord Italia, raccontano imprese che hanno ormai costituito un tassello glorioso delle loro storie personali, imprese che non si dimenticano. Come quella di una notte a Berlino, ospiti di un prestigioso club dark wave, e con la benedizione di Peter Hook. Sul palco, uno dei componenti (il chitarrista) esegue insieme ai suoi compagni i capolavori di Ian Curtis davanti a un pubblico europeo attento e qualificato, mentre sua moglie sta per partorire in Italia, ma gli ha detto ugualmente di andare, ci sono cose che si debbono fare per forza, a cui non puoi sottrarti. S’incrociano sogni e destini, la nascita di un figlio e la luce del palco rappresentano in quello stesso momento uno zenith personale, un traguardo, un momento di gloria da vivere e che resterà.
E i Nocturne, tribute band anch’essa veneta che porta in scena il repertorio di Siouxsie And The Banshees, raccontano di essersi formati quasi per gioco: una volta sul palco, però, la band realizza la propria potenza e la passione del pubblico, e quindi ora prosegue, prosegue, sulle strade di una dark wave che si scoprono ancora così lunghe e profonde, animate dai fantasmi di ieri, dai tanti reduci, ma anche dai nuovi cultori, gente di tutte le età, appassionati sparsi in tutta Europa che all’improvviso, in un giorno di questi da poco trascorso, convocano i Nocturne sul palco di un club esclusivo di Barcellona per una serata mistica.
E’ un circuito, quello delle tribute band nordiche, sempre in fermento e pieno di vitalità: vi sono quelle stabili e collaudate, come i Primary, piemontesi, interpreti del repertorio di Robert Smith e The Cure, ed altre più fluide, formazioni che vanno e vengono, che talvolta si fondono, si scindono, muoiono e risorgono tra defezioni e nuovi ingressi, tempi morti e attese, cadute e risalite alla ricerca di nuovi spazi, spiragli attraverso cui portare ancora sul palco la fedeltà alla propria musica.
I Golden Soldiers, ad esempio, una tribute band veneta di The Sound, ha vissuto varie fasi con formazioni miste, anche con inserti dei Permanent, in ordine sparso. Ma per la musica di Adrian Borland e The Sound, recentemente, il testimone sembra essere passato nelle mani di una nuova formazione bolognese, i Total Recall, gruppo che fa base al Gallery16, locale di cultori dalle parti di via Ugo Bassi ove si radunano duri e puri gli amanti di una musica new wave d’avanguardia degli anni ’80. Le serate animate da un veterano collezionista, DJ Tetro, sono un’autentica scuola di cultura musicale con set list eccelse ormai impossibili da ascoltare altrove.
Si va dai Wire ai Tuxedo Moon, dai Magazine ai Devo, con vinili d’epoca rarissimi, versioni sconosciute di brani da discoteca tecnologica d’epoca, ritmi industriali tra Sheffield e Manchester, Cabaret Voltaire e Joy Division. E se sul palco i Total Recall scatenano la Sound-mania, specie quando accompagnati da conversazioni con Giuseppe Basile, dai suoi libri e da stralci di proiezione del DVD sulla band di Wimbledon, la serata si fa interessante, divulgativa, ma anche carica di emozioni.
Il Gallery16 di Bologna è come il Blackstar di Ferrara, come il Circolo Arci di Parma, l’Osteria del Fico di Cremona, luoghi di cultori musicali, dove gli appassionati si ritrovano abitualmente a conversare di temi musicali e storie di provincia. L’adrenalina, però, in questi anni scorre anche in Romagna, in luoghi che hanno attratto moltissime tribute band.
Il Beer Garden di Cotignola (Ravenna) è ormai uno dei covi preferiti dal popolo della dark wave, che vi si riversa con puntuale abitualità, per vedere i Sanctuary Of Love, potentissima band che interpreta il rock energetico dei Cult, ma per gli stessi Nocturne, Permanent, Total Recall, Golden Soldiers, Hydrogena e diversi altri. Serate retrò, certo, ma con sonorità vive e fisiche, e con musicisti in carne e ossa carichi di passione.
La nostra Associazione Culturale Geophonìe ha sempre cercato di valorizzare tracce, ricordi, cimeli. Storie minime o grandi storie. Cronache, reportage fotografici, sonorità connesse ai luoghi (“geo” – “phonìe”), parole e ricordi, narrazioni. E queste vicende, questi piccoli o grandi eventi, sono la materia delle nostre documentazioni.
Marcello Nitti © Geophonìe
26.02.2023
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