Dal Veneto al Belgio, all’Olanda, a Berlino: storia dei Permanent, fenomenale tribute band italiana che ha emozionato Peter Hook.
Chi vive nel Nord Italia e frequenta i circuiti del clubbing si sarà certamente imbattuto in un uno dei tanti eventi che in questi anni, un po’ ovunque, hanno offerto spazio alle performance dei Permanent, la band veneta che con oltre cento concerti già realizzati ha riportato la musica dei Joy Division sui palcoscenici della musica dal vivo. E chiunque abbia avuto l’occasione di vederli non ha potuto nascondere il proprio stupore, per l’intensità trasmessa, la potenza sonora, la capacità espressiva, la perfezione tecnica: “sembrano migliori dei Joy Division”, è il commento che regolarmente circola e serpeggia nel pubblico, che ad ogni performance viene sopraffatto dall’emozione di una grande musica finalmente riproposta con maniacale precisione, con un approccio rispettoso e professionale che svela un lungo, costante studio, e un grande amore.
Lo stivale è lungo da percorrere, la Puglia, e in generale il Sud Italia, sono le aree che non hanno ancora ospitato questo ensemble di musicisti che scorazza da anni nel Nord e nel Centro Italia. Un’occasione potrebbe essere offerta dal Medimex, la rassegna realizzata nel 2019 in Puglia, e che nel 2020 era in corso di preparazione proprio sul tema della New Wave. L’organizzazione ha dovuto registrare la necessaria battuta d’arresto indotta dalla pandemia, e anche per il 2021, sullo stesso tema, tutto è ancora da definire.
“La band dei Permanent si è formata a Padova nel 2016” – ci raccontano Nick e Alice – “Tra le prime prove della band e il primo concerto trascorsero una manciata di mesi, ma da quel momento ogni stagione è stata una escalation, fino a raggiungere e superare i 100 concerti. Nel Maggio 2019 abbiamo ricevuto una mail inattesa da parte di Peter Hook che ci ha nominati Tribute Band Ufficiale Italiana, un’emozione grandissima: per noi ha rappresentato un nuovo tassello aggiunto a questo percorso, in continua evoluzione”.
I Permanent sono stati in questi ultimi anni richiestissimi.
“Abbiamo avuto il piacere di suonare nei live club in mezza Italia, alcuni storici come l’Exenzia (PO), Vinile (VI), Blah Blah (TO), Base Milano (MI), Mikasa (BO), Midnight (BG) ma anche molti locali da Trieste a Genova, passando per Firenze, Pavia, Parma, Bergamo, fino ad arrivare in Belgio, Olanda e Germania”.
“Nel Giugno 2019, in occasione del quarantennale dall’uscita di Unknown Pleasures, si è tenuto il primo raduno Italiano dei fans dei Joy Division presso il Parco della Musica di Padova, con la partecipazione di appassionati arrivati da diverse Regioni Italiane. In questo evento, a cui abbiamo contribuito in parte anche con una nostra collaborazione artistica, è stato eseguito l’intero album Unknown Pleasures con le b-sides dal vivo tutto d’un fiato, sul palco delle grandi occasioni. Nel pomeriggio si svolse un reading tematico, con storia, aneddoti e live in acustico, regali e coinvolgimento dei partecipanti con alcuni semplici quiz. E’ stato un evento unico che speravamo di poter replicare, prima di essere “interrotti” nel 2020 dalla situazione attuale che purtroppo permane”.
Sono stati anni on the road, con il furgone sempre pronto e carico di strumenti, in giro per mezza Italia, tanti incontri, nuove amicizie, serate emozionanti. “Sicuramente tra gli eventi che più spesso ricordiamo, ci sono quelli all’estero. A volte non solo per il live, ma per tutta l’esperienza condivisa insieme, il viaggio, gli incontri, gli inconvenienti, i paesaggi. Il primo viaggio non si scorda mai! Il primo fu in Belgio, con un furgone a noleggio, la visita all’ex Le Plan K (il club in cui i JD si esibirono e Ian incontrò Annik, durante il loro primo tour extra UK), i pasti saltati perchè alle 20:00 dovevamo essere sul palco, o quelli improvvisati nelle panchine di un distributore, l’incontro quasi rocambolesco con il cantante di una band post punk 80s con cui condivdemmo una serat: si trattava di una band che a suo tempo era uscita con un pezzo e un clip in buona rotazione, e che diventò poi la nostra “colonna sonora” per il resto del viaggio”.
Essere ingaggiati da grandi club all’estero rappresenta un momento di grande soddisfazione per una tribute band italiana, è il segno concreto di una notorietà in crescita, dimostrativa del fatto che si è seminato bene anche sul versante della comunicazione.
“Emozionante per noi è stata anche l’Olanda, con tutto ciò che quel viaggio ha comportato, dagli inconvenienti con i copiosi autovelox, alle bellissime città, all’hotel da “vere star”: la partecipazione delle persone del posto era diversa da quella italiana, era eccitante l’incontro con chi si era fatto qualche centinaio di km per esserci quella sera”.
Poco prima del lockdown, il vostro momento più bello.
“Si , certo. E’ stato l’ultimo live prima del lockdown, a Berlino. Un sogno che si realizzava, la città tappezzata di manifesti, l’agitazione di chi quella stessa sera inaspettatamente diventava papà praticamente sul palco: era il nostro chitarrista, Cosimo Mitrugno, lo abbiamo festeggiato suonando. Fu piacevolissimo l’incontro con Mario Usai, musicista sardo di nascita ma residente in Germania, che ormai da anni milita nei Clan of Xymox. Abbiamo avuto l’onore di poter suonare con lui Transmission quella sera. E’ stata emozionante, poi, la sorpresa di alcuni amici Italiani che si erano organizzati per essere lì quel weekend e supportarci!”
Il Nord Italia, però, resta una base fondamentale per voi.
“Certo, abbiamo avuto l’opportunità di esibirci moltissimo, ricordiamo anche con grande emozione l’esperienza genovese, in una location che si affacciava sul mare: la mattina seguente non potemmo risparmiarci il giro d’obbligo al Cimitero Monumentale Staglieno, luogo in cui sono state scattate le foto poi divenute la copertina di Closer e di diversi singoli in vinili, ufficiali e bootleg. In questi anni vi sono stati molti eventi che ricordiamo sempre con piacere: sono quegli eventi in cui abbiamo condiviso il palco con altre tribute band. E’ sempre bello avere anche questo tipo di scambi con realtà diverse e musicisti accumunati dalla stessa passione per un periodo musicale a cui molti artisti ancora oggi si ispirano”.
E dopo tanti concerti, finalmente, il magico incontro.
“Il 29 Agosto 2019 abbiamo incontrato Peter Hook, durante la sua tappa Italiana con i The Light. Eravamo riusciti a contattare il suo staff per ottenere un breve incontro post concerto, e dopo uno scambio di mail nei mesi precedenti ricevemmo l’ok dal suo tour manager, qualche giorno prima della data. Il concerto è stato trascinante, è stato bello poter ascoltare assieme a tanti amici e fans quegli stessi brani che poi riproponiamo anche noi, ma eseguiti da chi quei pezzi li ha scritti, arricchiti da arrangiamenti sicuramente fedeli ma personalizzati al sound della sua nuova band. La cosa divertente è che, per prepararci a questo grande giorno, avevamo pensato di preparare qualcosa di locale da regalargli. E così abbiamo composto un pacco con alcuni prodotti legati al nostro territorio, considerando anche il problema che poi in aereo potesse costituire un problema portare liquidi o vasi troppo grandi. Il vino è stato quindi escluso a priori, anche perché avevamo scoperto che Peter Hook non beve alcun alcolico. E così, in questo pacco si è trovato Bigoi de Bassan, Mostarda Veneta, Fagioli di Lamon, Bibanesi e varie cose particolari e forse inusuali … chissà se poi sarà riuscito a cucinare qualcosa! Abbiamo anche inserito un nostro demo acustico completato proprio in tempo per l’incontro, adesivi e gadget vari, ma soprattutto la nostra maglietta che simpaticamente poi lui ha indossato, e con cui l’abbiamo visto anche andare verso l’hotel a fine serata: quindi le foto di rito, ma anche le frasi scambiate, quando lui ci ha chiesto scherzosamente se avessero suonato meglio loro, quella sera, o noi, o quando leggendo dalle nostre maglie il nome Permanent ha esclamato: “Oh, the official!” Questo incontro è stato un momento unico e ancora fatichiamo a credere sia avvenuto davvero … per fortuna ci sono le foto a testimoniarlo”.
Qual è il senso ed il valore della musica dei Joy Division oggi?
Crediamo che il valore artistico dei JD risieda nella capacità della band di parlare al “cuore e all’anima” delle persone, con arrangiamenti relativamente semplici e immediati, abbinati a suoni scarni e secchi utilizzati in maniera allegorico – descrittiva (vetri infranti, bottiglie che si rompono … sono chiaramente allusivi) e a testi introspettivi, colti e incredibilmente schietti. Ian guardava dentro sé stesso, consapevole delle sue crescenti difficoltà e mettendo a nudo senza paura i lati deboli di un essere umano sempre più disilluso e verso il baratro (“Let’s take a ride out / To see what we can find / A valueless Collection of /hopes and past desires” (24 hours); “guess the dreams always end/they don’t rise up just descend/ but I don’t care anymore / I lost the will to want more” (Insight).
“Portando in giro la musica dei Joy Division, abbiamo sempre riscontrato questo coinvolgimento interiore che la loro musica – a distanza di 40 anni – riesce a realizzare tuttora, anche verso un ascoltatore solo mediamente attento. Lo vediamo con chiarezza alla fine dei concerti che facciamo” – dice Nick – “quando molte persone, da ogni parte di Italia /Europa, che evidentemente non si conoscono tra loro, esprimono concetti simili a commento della loro esperienza del live appena vissuto: spesso ci è capitato di parlare con persone che, con occhi brillanti e finanche umidi, dichiarano apertamente ad estranei di aver superato periodi tremendi o di aver scongiurato addirittura pensieri autodistruttivi attraverso l’ascolto (attivo, profondo, fatto proprio) dei testi di Ian, ricavandone un’immagine nitida del suo sacrificio per aver tanto precisamente guardato in faccia i meandri più oscuri e paurosi dell’animo umano: ascoltare la sua musica, leggere quei testi, incoraggia a resistere ed a portare avanti quei sentimenti che alla fine hanno fatto soccombere Ian stesso, ma dato loro una ragione (in più) per vivere, intensamente e consapevolmente, la vita e i suoi percorsi”.
“Se la musica dei JD, senza essere orecchiabile, annovera adepti sempre nuovi anche al giorno d’oggi è perché è già dentro di noi” – continua Alice – “ toglie solo le barriere e i veli che abbiamo tra l’immagine figurativa di noi stessi e la scoperta del nostro vero essere (“Existence well what does it matter? / I exist on the best terms I can / the past is now part of my future / the present is well out of hand“ (Heart & Soul)”.
Il futuro della tribute band è legato alle opportunità di esibirsi ancora dal vivo:
“Viviamo di continue innovazioni e stimoli reciproci. Nel 2018 abbiamo debuttato come trio semi-acustico, ora molto richiesto anche in risposta alle esigenze dei locali derivanti dalla pandemia in atto (spazi ristretti, budget..anche!). Ci siamo confrontati e, dato che i Joy Division hanno un repertorio relativamente ristretto di pezzi, abbiamo concluso che le esigenze attuali di “commerciabilità” dei concerti richiedono ora più flessibilità sia nell’offerta artistica che nella formazione sul palco. Abbiamo elaborato il progetto di offrire al pubblico ed ai locali tipi diversi di spettacolo, modulabili in base alla formazione (quintetto, trio, anche duo elettronico), al target (locale dark, locale “normale”, festa privata, raduno fans…) ed alle esigenze del committente”.
“Il nostro progetto per l’immediato futuro è proporre il sequel dei Joy Division, ovvero i New Order, proponendone i brani più significativi a cominciare da quelli composti nell’immediatezza della loro formazione (1980/81). Un primo concerto, tenutosi il 26 settembre 2019 in provincia di Treviso, ha dato esiti molto favorevoli, con il coinvolgimento di pubblico proveniente da località anche molto lontane”.
“Stiamo ripensando l’offerta artistica, con arricchimenti in corso di implementazione, come i visual. Le ristrettezze dettate dalle normative anti covid hanno certamente ridotto le occasioni di suonare, aprendo tuttavia altre occasioni a maggior valore aggiunto, da trovare e realizzare con i gestori/committenti. E’ chiaro, però, che il nostro desiderio è quello di poter risalire su un grande palco a cielo aperto, insieme a tanti altri musicisti e, perché no, anche accanto a qualcuno dei nostri idoli. Per questo, il programma annunciato dal Medimex ci ha immediatamente allertato. Sarebbe un onore per noi suonare lì, dove si sono esibiti nell’ultima edizione giganti come i Kraftwerk e Patti Smith, e dove si parla oggi di nomi come Siouxsie, Psychedelic Furs, Pretenders, Simple Minds, New Order e Bauhaus”
Marcello Nitti © Geophonìe