Rock / Down in the subway / In strict tempo
I Soft Cell si sono divisi, viva i Soft Cell. Questa notizia infuriò l’estate scorsa, e sorprese non poco, Marc Almond annunciò che anche il suo progetto con i Mambas sarebbe finito di conseguenza, e che nuove strade avrebbero percorso, lui e Dave Ball. Un nuovo E.P. dei Soft Cell era annunciato da alcune settimane, e tutto lasciava ben sperare come immancabilmente Almond e Ball ci avevano abituati.
Invece, dopo aver ascoltato «Down in the subway» per la prima volta rimango deluso e scarico le responsabilità sulla casa discografica, rea a mio parere di aver pubblicato questo singolo solo per cercare di ottenere quel guadagno sicuro che un nome come i Soft Cell può garantire. L’E.P. contiene due brani nel lato B e sono “Disease and Desire” e “Born to Lose” di Johnny Thunders degli Heartbrakers. Anche “Down in the subway” è un remake della versione originale di Jack Hammer, ma il tutto non convince anche se le esecuzioni di Ball e la voce di Almond sono impeccabili. Anzi forse verrà edito un album dei Soft Cell con registrazioni effettuate nel periodo di sodalizio della coppia, sperando che non vengano pubblicati materiali di scarto, che la vecchia volpe di Stevo pare abbia gelosamente conservato.
E mentre Marc Almond era impegnato con le sue Mambas la sua metà (Dave Ball) registrava «In strict tempo» e produceva delle canzoni per i Virgin Prunes. «In strict tempo» è stato pubblicato nel novembre dell’83 e oltre alla splendida copertina, troviamo uno stuolo di collaboratori. Tra i rilevanti al flauto c’è Virginia Astley e al sax Gary Barnacle, ma l’apporto più sorprendente è di GenesisP.Orridge, ex Throbbling Gristle e neo Psychic Tv che canta in due brani dove le liriche sono state scritte da lui.
«In strict tempo», più che uno sforzo solistico di Ball, è una riunione di amici che aiutano il più esperto a completare quelle idee che covavano nei cassetti della mente. L’elettronica di Ball è soffice, le sue tastiere sono ad ampio respiro, si muovono a piccoli passi e piano piano ti avvolgono baciandoti e coccolandoti. I fiati e i violini servono a dar sostegno e la voce di Genesis P. Orridge la troviamo in “Sincerity” e in “Man in the mam”, due brani che hanno il tocco del vento nei capelli. Occhi vogliosi guardano sempre più giù, e così di fila ci riempie con “Mirrors”, “Passion of a primitive” e “Only time”.
In definitiva, un esordio convincente, certamente non privo di quegli errori dovuti ad egocentrismo, che solo due occhi luminosi potranno capire.
Marcello Nitti © Geophonìe