Noi orfani di Cope, rimasti senza lacrime.
Il grande autore ha detto “basta”. Dopo il successo di “Kilimanjaro” della “Goccia di lacrime che esplode”, è uscito un doppio 45 giri: l’ultimo.
E’ quasi sempre così. Le cose belle sono destinate a finire presto, molto presto. Julian Cope, cantore degli anni Ottanta, ha chiuso bottega con la sua più bella creazione, i “Teardrop Explodes”.
E adesso più che mai ci accorgiamo di quanto il gruppo di Liverpool sia stato determinante, in qualità di fenomeno musicale, in questi ultimi anni, insieme con gli “Echo and The Bunnymen” e i “Wah! Heat” di Pete Wylie. Anzi si può dire che questi tre gruppi abbiano costituito ossa, carne e anima di una musica profonda e spirituale. Non a caso qualcuno li battezzò gruppi della “nuova psichedelia”.
Dopo aver pubblicato alcuni singoli, i Teardrop Explodes proposero l’attesissimo “Kilimanjaro” nel quale erano contenuti i capolavori “Reward” , “Sleeping Gas” e “Treason”. In “Kilimanjaro” si poteva respirare un’aria di bosco, le composizioni erano piccoli gioielli di sincera umanità, Julian Cope rappresentava la massima espressione e la sua voce era quanto di più emozionante circolasse.
Purtroppo la sua personalità era preponderante e in seno al gruppo furono effettuate alcune sostituzioni. Si pensò che a “Kilimanjaro” non ci sarebbe stato degno seguito. Ma i fedeli di Cope si chiamavano Troy Tate e Dave Balfa, i quali con lo stesso Julian rimisero in piedi “La goccia di lacrima che esplode”. Fu un colpo fortunato. Nell’81 venne alla luce “Wilder” e questa volta le lacrime erano una, dieci, cento…
Tutti parlarono di santificazione: Julian Cope godeva del più sacrale dei rispetti e brani come “The great dominions” o “Tiny Children” lasciarono veramente versare lacrime di poesia.
A quel punto i Teardrop Explodes, o più semplicemente la creatura di Julian Cope, erano qualcosa di sacro. Adesso però Julian Cope ha detto basta. Troppi i conflitti con i suoi amici, troppa la paura. Così esce in questi giorni un epitaffio del gruppo in un doppio 45 giri che già il mio piatto sta consumando. Sperando che Julian Cope ci ripensi.
Marcello Nitti © Geophonìe