’80, New Sound, New Wave – la Recensione di Sentireascoltare.com

La recensione al libro ” ’80, New Sound, New Wave” pubblicata sul sito sentireascoltare.com

di Stefano Pifferi
1° marzo 2009.

“Di sguardi sulla wave, anche obliqui o trasversali o paralleli e particolari, ne sono circolati molti negli ultimi anni. Anche in Italia. Soprattutto durante il revival cui siamo stati sottoposti in questi anni 00 a base di emul-rock commerciale e becero, rivisitazioni genuine e spontanee o celebrazioni à la page e nazional-popolari. Mai però ci si era trovati di fronte ad una indagine – un libro nello specifico – che trattasse quel periodo d’oro limitandone il raggio d’azione alla provincia meno cool (oggi come ieri) della periferia dell’impero di certo rock.

Cosa buona e giusta, a dir la verità. In primo luogo perché dimostra passione, tanta, forse troppa visto poi il disgregarsi di certe forze, sia all’epoca delle vicende narrate – immaginate cosa significasse quasi trenta anni fa sbattersi per organizzare concerti nel sud d’Italia – sia nell’attualità della nascita di questo ’80 New Sound, New Wave, lavoro certosino e immaginiamo difficilissimo di reperimento delle fonti da parte di Giuseppe Basile (prevalentemente testo) e Marcello Nitti (prevalentemente immagini e foto). Due protagonisti diretti di quella epopea, sconosciuta ai più in verità, che vide i più grossi nomi della wave d’oltremanica calcare i palchi improvvisati di Taranto, estremo sud dello stivale, all’epoca dei fatti ancora al limitare dell’illusoria tendenza espansionistica che certe industria pesante (ma non pensante) prometteva senza poi mantenere.

Taranto, luogo ameno, non proprio votato alla musica, specie a quella d’avanguardia come sottolinea Basile nella prefazione, si risveglia però proprio sull’onda di quella nuova onda; la sua gioventù assetata di novità, di input, di ancore di salvataggio sembra rinascere proprio attraverso quelle musiche allora di confine dimostrando una vitalità, una sorta di coscienza identitaria connessa a “una musica di nicchia che usciva dalla nicchia”, a tutt’oggi invidiabile.

Proprio nel taglio insieme documentaristico e sociologicamente altro del libro risiede lo scarto maggiore e il pregio principale di questo ’80 New Sound, New Wave. Se da un punto di vista prettamente sociologico i due autori, procedendo per immagini e parole, sembrano sottolineare in senso positivo, quasi rivendicandola, proprio la matrice “provinciale” del lavoro, attenta cioè ad indagare lo stretto legame tra provincia e mondo musicale in espansione; da quello più squisitamente documentaristico forniscono non la solita, trita e ritrita riflessione sulla wave (electro, dark, gothic, post-punk che sia). Bensì, una indagine “quotidiana” della passione musicale che bruciava in quei primi anni ’80.

Ricordi, memorie, chiacchiere in libertà con i protagonisti di quel periodo. Legami intensi, fili interrotti o ripresi, revival nel senso etimologico del termine che ha il pregio di farci (ri)vivere aneddoti e momenti sinceramente interessanti (comici e/o seri) su artisti del calibro di Simple Minds e Bauhaus, Siouxie e New Order tra i tanti. Oltre che mostrarceli, miti de-mitizzati, giovani tra i giovani, nella quotidiana vita della rockstar in provincia. Due su tutte: i Cult a cena nel ristorante del Tursport, il centro sportivo teatro della maggior parte degli eventi narrati, come una qualsiasi comitiva di ventenni; o i Bauhaus goffamente intenti a giocare a calcio, gotici e emaciati come d’ordinanza, nel campetto del suddetto centro sportivo.

Un libro da leggere e guardare, insomma, ma anche, perché no?, per riflettere sull’importanza della wave primigenia”.

Articolo su sentireascoltare.com
https://sentireascoltare.com/recensioni/giuseppe-basile-marcello-nitti-80-new-sound-new-wave/ 

80 NEW SOUND, NEW WAVE. La recensione di Ondarock

La recensione di Ondarock.
2008
di Mimma Schirosi

Titolo: 80, New Sound, New Wave – Vita, musica ed eventi nella provincia italiana degli anni 80
Autori: Giuseppe Basile, Marcello Nitti
Edizioni: Geophonie, 2007

Parlare di Taranto, negli anni 2000, pare azione quanto mai impavida e, nella maggior parte dei casi, carica di sdegno, per le tristi vicende politiche che, negli ultimi due anni, hanno restituito l’immagine di una città segnata dal “tutto da perdere”, anche per chi ancora nutrisse qualche speranza di riscatto da un eco-mostro siderurgico e da amministrazioni in assoluta discesa etica e culturale.
Le risposte, oggi, potrebbero essere riassunte in una sola, mortificante parola: fuga. Esaurita ogni energia positiva, la popolazione più giovane rinuncia alla riedificazione di un fantomatico “nuovo”, per proiettare le proprie ambizioni in territori nazionali e internazionali dotati degli elementi basilari per una più semplice forma di sopravvivenza.
Le città portuali, sin dai tempi più remoti, portano con sé l’afflizione di un costante contrasto tra bellezza spudorata, legata alla peculiarità del mare, e degrado sociale. Quasi per una sorta di incantesimo, le identità divengono drammatiche, esasperate, a volte grottesche, i movimenti arroccati su di un’orgogliosa identità di “classe”, i fenomeni di costume rigettati a priori, oppure anticipati, anche rispetto ai grandi centri di là a nord. Tutto ciò che accade, si dispiega, in questo tipo di centri, in maniera spesso del tutto singolare, nel bene e nel male.

Giuseppe Basile e Marcello Nitti, affondando le mani nelle acque torbide, oltraggiosamente e più volte rimescolate da personaggi di dubbia umanità (ché, a volte, i cattivi paiono i “deformi” di una civiltà aliena), operano paziente e meticolosa azione di pulizia, per restituirci una galleria che, procedendo attraverso il flashback visivo e verbale, a noi trentenni divoratori e ricercatori di suoni, pare un “ritorno al futuro” che agogniamo sin dall’adolescenza, tanto per la nostalgia di un’infanzia incuriosita dalle note gommose di una “Don’t You Want Me?” e dal brividino sulla schiena di fronte ai frames di un Robert Smith chiuso nell’armadio di “Close To Me”, quanto per la desolazione di un presente “musicale”, un movimento di intelletti, volontà, abnegazioni assolutamente da costruire in prima persona.

“80, New Sound, New Wave”, è una micro-storia di vittoria sui tempi, uno strabiliante documento di intuizione di quella che, per i più, sarebbe diventata una moda, vissuta nelle sue forme più vistosamente esteriori, un sentire comune rispetto a quella fascinosa weltanschauung che sottendeva a un’espressione musicale in rotta con le singole sfaccettature delle epoche precedenti.
Partendo dalla scena locale, l’elogio del telefonino veniva sostituito dalla sperimentazione con il synth, mutuando dagli anni 70 l’afflato più minimale, futuristico e glaciale.
Questa piccola comunità di ambiziosi mutanti inizia a muoversi intorno alla figura di due band dalle discrete fortune, i Central Unit e i Panama Studios. Tute metalizzate, trucchi iridescenti, pose provocatorie nella forma, David Bowie, Kraftwerk, Talking Heads, Devo, Pere Ubu, nella sostanza. E come da una fertile progenie, iniziano a fiorire altre realtà che vanno specificandosi in morfologie legate, invece, al movimento dark tout court (Bauhaus, Siouxsie and the Banshees, Cure), come i Lilith e i Vena.

Il centro del tutto è una piazza, un negozio di dischi e uno di abbigliamento. Le conversazioni, gli scambi di materiale, la condivisione avvengono vis à vis o, al massimo, attraverso quella accettabilissima comunicazione via etere costituita dalle radio libere, con alcuni, illuminati speaker che si fanno portavoce di queste nuove espressioni musicali.
Il bisogno di vivere da vicino l'”evento”, non solo per evitare la noia di centinaia di chilometri da macinare in auto, ma quale forma di naturale espressione di un circuito sociale e culturale che si era guadagnato ogni rispetto nelle piazze più “alternative” del paese, fa sì che si superi la fase di temerarietà propria dei principianti, per osare ciò che oggi pare impossibile: Bauhaus, New Order, Simple Minds, Ultravox, Cult, The Sound, Siouxsie and The Banshees e Style Council, in una manciata di anni dal 1982 al 1987.

Oggi, usufruendo di quel che resta di un territorio inginocchiato, mentre passeggiamo sulla battigia, riesce a materializzarsi la figura di Bernand Sumner che, dopo il glorioso concerto in città, resta folgorato dalla limpidezza dell’acqua jonica sino a scriverne in “The Beach”. Oppure, recandoci in auto alle ormai elitarissime dance hall indie-rock, ridiamo in faccia alle sbarbine vestite di bianco, in fila davanti alla discoteca Canneto, ripassando con la memoria visiva le foto di Siouxsie di rosso vestita che, nello stesso posto, più di vent’anni fa, riuscì a mettere all’angolo una clientela ordinaria e snob. E caricando nelle nostre playlist i Sound, quasi ci imbarazza appartenere a una generazione che scavalca la consolle per domandarci “che fighi… chi sono questi?”.

Il senso del nostro ritorno al futuro, del nostro viaggio a ritroso in un passato di cui custodiamo una memoria bambina, della speranza che giunga una nuova onda capace di battere sui tempi il resto del paese, dandoci la forza di restare, è tutta lì: nelle foto di Peter Murphy che gioca a tennis sui campi del “tempio” Tursport, crocevia e cuore di queste vicende, nell’immagine di Siouxsie che boccheggia come un pesce provocando gli astanti del Canneto, nello sguardo carico di ogni emozione di Adrian Borland, nella libertà degli uomini di usare l’eye liner per andare a ballare alla discoteca rock “Penthouse”, apripista del felice susseguirsi di eventi in quel quinquennio.

Operazione nostalgia? Potrebbe darsi. Ma la nostalgia ha il gran pregio di recare con sé la memoria, di ricordarci quanto la storia non segua un percorso necessariamente lineare, né sempre accidentato, e quanto, a volte, possano nascondersi delle piccole gallerie di intoccabile valore anche nelle pieghe di minuscoli centri urbani, sventrati selvaggiamente dalla miseria culturale degli “alieni deformi”, ma scelti dal Caso per la caduta prima di strabilianti meteoriti.

“Torneranno i tempi (?)” (cit. riveduta e corretta).

https://www.ondarock.it/speciali/newsound.htm
Mimma Schirosi © Ondarock

’80, New Sound, New Wave – Recensione sulla Gazzetta del Mezzogiorno

Gazzetta del Mezzogiorno
9 settembre 2007

Amarcord anni ’80
La musica “New Wave” e la nostra provincia in un testo di Basile e Nitti.
di Fulvio Colucci

Chi ricorda la New Wave? L’ondata di musica che, partita dalla Gran Bretagna, invase l’Europa agli inizi degli anni ’80? Fu l’ultimo fenomeno di massa generato dalla rivoluzione giovanile; per intenderci: l’ultimo figlio del ’68 e della beat generation, anche se, paradossalmente, finiva per sovvertire quei simboli ( e quei suoni).

L’ultimo lembo dell’impero, la nostra pigra e sonnacchiosa provincia, fu investita dalla British invasion, l’orgia di suoni (dall’elettropop al dark), stili e tendenze (dagli abiti alle acconciature) inglesi. I tarantini Giuseppe Basile e Marcello Nitti provano a far sfilare gli anni, i piccoli e grandi personaggi, i ricordi sulla passerella di questo pezzo di storia del costume (che è anche un pezzo di storia patria). Il libro si intitola: “80, New Sound, New Wave” (Edizioni Geophonìe – 22 Euro). Il collage di ricordi e suggestive immagini sarà presentato questo pomeriggio al circolo sportivo Tursport di San Vito (ore 18,30). Si tratterà, per certi versi, di una rimpatriata più che di una presentazione, perchè il Tursport fu palcoscenico di concerti musicali irripetibili per la nostra città. Dai Bauhaus ai New Order; dagli Ultravox ai Simple Minds. Gruppi che hanno fatto la storia della musica internazionale e che, in quegli anni, facevano tappa a Taranto riconoscendo alla nostra città, nei fatti, lo status di importante centro della cultura giovanile europea. Un miracolo che (oggi) ha dell’incredibile.

Basile e Nitti sono mossi dal desiderio di raccontare, “forse i più giovani non lo hanno mai saputo, e qualcuno tra i meno giovani lo aveva dimenticato”. Spinta lodevole, che però mette a nudo come quella generazione – alla quale è appartenuto anche chi scrive – non seppe trattenere fra le mani ciò che faticosamente era riuscita a conquistare. Così fummo sconfitti dalla Storia proprio quando, altro estremo paradosso, a quell’onda nuova cui eravamo devoti riuscì l’ultimo colpo: contribuire al crollo del Muro di Berlino del 1989. L’onda si arrestò subito dopo, impedendoci di “cambiare” la città. E “cambiare” la città, allora, significava, torna il paradosso, farla rimanere uguale a se stessa: miracoloso crogiuolo di fermenti senza università, senza palasport, ma con tante speranza. E tante anime. Finite puntualmente fuori sede.

 

80 New Sound New Wave – La recensione del Corriere del Mezzogiorno

Viaggio nei miti degli anni 80 
con il libro “New Sound New Wave scritto dai tarantini Basile e Nitti”
Corriere del Mezzogiorno
05.01.2008

di Michele Casella

Apparentemente lontani, pieni di illusioni e a tratti al limite del kitsch, gli anni ’80 rappresentano il primo riferimento musicale per l’attuale scena discografica internazionale.

Parlarne significa coinvolgere un periodo storico ed artistico determinante nell’evoluzione dei gusti e dell’immaginario contemporaneo, un dato di fatto lontano da qualunque desiderio di revival o concessione nostalgica.

Quel periodo, radicalmente diverso nelle dinamiche economiche dello show business e ben più equilibrato nei rapporti fra produzione e fruizione, costituisce ormai l’ultimo esempio di compromesso fra urgenza espressiva e modello economico.

Oggi come allora, però, sembra essere la provincia a rappresentare il germoglio per nuovi ascolti e medesime passioni, come ci testimonia il volume ’80 New Sound, New Wave. Vita, musica ed eventi nella provincia italiana degli anni ’80  (Geophonìe, pp.222, euro 22) curato dai tarantini Giuseppe Basile e Marcello Nitti. Un libro realizzato con lo spirito delle fanzine d’epoca ma al tempo stesso con grande esperienza e professionalità, doti acquisite durante gli anni d’ora di quel periodo. Guidati dai ricordi ma soprattutto da una passione smodata per le band provenienti da Gran Bretagna e Stati Uniti, Basile e Nitti hanno preparato un libro a metà strada fra il testo divulgativo e il diario di vita, incentrato tanto sugli artisti quanto sui luoghi di riferimento.

Un’operazione coraggiosa, tanto più pensando che si tratta di un’autoproduzione realizzata in grande formato e con pregevole veste grafica, una vera avventura editoriale mossa da competenza e un pizzico di follia.

A tracciare le linee guida del volume troviamo una ricchissima carrellata di materiali – quasi completamente privati e rigorosamente eighties – fra cui pass di concerti, volantini in bianco e nero, ritagli di giornali e splendide fotografie. Un piccolo tesoro spesso riconducibile alle attività musicali di Taranto e in particolare del Tursport, location d’eccellenza per la new wave pugliese e palcoscenico di storici concerti che hanno caratterizzato un’epoca. Bauhaus, New Order, Siouxsie & The Banshees, The Cult, e Tuxedomoon sono alcuni dei gruppi che vivacizzarono quegli anni; nomi a cui Basile e Nitti dedicano interi capitoli, utili a chi c’era per ricordare ma anche ai neofiti per scoprire una storia importante.

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