L’esordio italiano di Sarah Jane Morris, con la sua tournee di presentazione del suo ultimo lavoro “Love And Pain”, rischiava di essere oscurato dai tanti concertoni estivi e rappresentazioni che in questo periodo hanno monopolizzato l’attenzione delle piazze di Modena e di tutta Italia. Invece la jazz singer britannica è riuscita ugualmente a imporsi, nonostante l’evento fosse stato poco pubblicizzato, richiamando un pubblico che è accorso numerosissimo ad applaudirla nella cornice più intima e sofisticata dei Giardini Ducali, proprio a pochi metri dalla Piazza Grande sul cui palco si erano appena avvicendati in pochi giorni De Gregori, Mannoia, Oxa e altri.
Estroversa, generosa, prima di eseguire le nuove composizioni ha spesso illustrato i contenuti del disco (per la prima volta scritto interamente da lei), dedicato alle donne e all’universo femminile da cui ha tratto ispirazione nel corso della sua carriera: disco che comunque, per quanto eccellente sia, non regge al confronto con l’impatto live della cantante, di fronte al quale ogni lavoro in studio appare inevitabilmente più statico e soft. Sarah esordisce con “I Can’t Stand The Rain”, “Into My Arms” del precedente lavoro (August, 2001), ma rapisce letteralmente il pubblico con una superba versione di “Move On Up” (sempre da “August”). Si prosegue poi con “Fragile” di Sting, per riscaldare il pubblico con brani noti, poi si giunge alle composizioni dell’ultimo disco, “Innocence” , “Blind Old Friends” e “It’s Jesus I Love” sospesi tra il pop e il jazz, con una band capace di creare la giusta tensione e la varietà stilistica necessaria per tenere alta l’attenzione del pubblico.
Il concerto, infatti, alterna momenti di profonda intimità dominata dalla vocalità superiore di Sarah a momenti di più facile comunicativa e ritmo. Dopo i tre brani del nuovo lavoro Sarah concede al pubblico il momento più ludico con una “Piece Of My Heart” di Janis Joplin in chiave reggae, allegra e frizzante. In seguito regalerà altri momenti di easy-listening con un omaggio a Barry White (“Never Gonna Give You Up”) o con una autocelebrazione della propria “Me And Mrs. Jones” , che nonostante i ripetuti ascolti il pubblico mostra sempre di gradire. Si prosegue con “Chelsea Hotel” (ancora tratto dal precedente “August”), momento perfetto di fusione tra voce e chitarra acustica senza altri strumenti, e poi si ritorna ai brani inediti, dalla spirituale “Fields Of Wheat”, ai temi più pop e ritmici di “Cowboy Junkies” e “Arms Of An Angel”, alla splendida e blueseggiante “A Horse Named Janis Joplin”.
Ma dopo tanto lusso e interpretazioni colte, compresa un’ultima versione concessa tra i bis di “I Don’t Wanna Know About Evil” (da “Fallen Angel”, 1998), lo show raggiunge il suo massimo con una furiosa “Too Close” (da “Blue Valentine”, 1995), rhythm’n’blues potentissimo che fa saltare il pubblico, con Sarah Jane che modula in modo lancinante la sua voce rauca con acuti da gatta e che si scaglia sul microfono come una Robert Plant al femminile, avvolta dalla sua chioma rossa di capelli ricci.
Eccelsa anche la band, con Matt Baker alla chitarra (session man di Sinead O’ Connor, Julian Lennon, Swing Out Sister, Bob Geldof, Joe Cocker), Mornington Lockett al sax (reduce da una serie di concerti al Jazz Cafè di Londra nientemeno che col leggendario Jimmy Smith all’organo Hammond), e Martyn Barker alle percussioni, coautore e produttore del disco, anch’egli noto per collaborazioni internazionali di gran pregio, da Billy Brag sino alla Real World.
La serata successiva a Carpi appare un po’ penalizzata dal luogo meno accogliente e più angusto, ma conferma l’alto livello della performance, con qualche variazione di scaletta (qualche cover in meno, e in più l’interpretazione del brano singolo “Love And Pain”, mancante nella prima serata di Modena).
Giuseppe Basile © Geophonìe