The Cavern Pub, Raynes Park, Wimbledon London

 

Il Cavern Pub è pieno di gente, noi italiani siamo forse gli ultimi arrivati in questa comunità umana che esiste da tempo e che ci accoglie con simpatia e una certa dose di curiosità.

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Il gruppo storico degli amici inglesi e olandesi ha mantenuto i contatti, ci sono volti noti che affollano il pub, alcuni li conosciamo anche noi da qualche tempo, di altri abbiamo solo sentito parlare.

Julie Burrowes (Photo © Jean-Paul Van Mierlo)

Io saluto subito James Ingham e la sua compagna, e poi Patrick Rowles, con loro sono in buona confidenza, ci siamo conosciuti nel 2011 in occasione della mia prima intervista in casa di Robert Borland, per realizzare il libro. Sopraggiunge Jean-Paul Van Mierlo con sua moglie, ci siamo conosciuti nel 2016 ad Amsterdam durante la bellissima serata di presentazione del film al Festival Internazionale dei documentari (IDFA), e poco dopo incontro Julie Burrowes, anche lei presente ad Amsterdam, gentile, sorridente, mi riconosce e mi abbraccia come fossi una sua vecchia conoscenza.

Audrey Eade fa gli onori di casa, ci presenta altre persone, amici, mogli, mariti, appassionati. Il locale è rumoroso e le nostre difficoltà con la comprensione dell’inglese ci penalizzano un po’.  Sono  emozionato, mi confondo, ci sono persone che non riesco subito a inquadrare, non realizzo ad esempio che Robert, con la maglia rossa, salito anche sul palco nel corso del primo set con Elliot, Jan e Bob, è il marito di Audrey, lo scopro il giorno dopo il concerto, quando mi ritrovo con una quindicina di loro e con lui al Cimitero Merton & Sutton, nell’area di Morden, per portare il nostro saluto ad Adrian.

Peter Trower (Photo © Martijn Prins)

Nel pub ci sono diversi signori che hanno piacere di conoscere noi italiani, tutti ci raccontano qualcosa,  ci dicono quale parte hanno avuto, da giovani, in questa storia collettiva. Sul palco sale un signore anziano ed elegante, è lui che presenta le band e apre ufficialmente il meeting.  E’ uno dei più antichi amici di Adrian, forse proprio un suo compagno di scuola, ha all’incirca la sua stessa età, si chiama Peter Trower, il giorno dopo è con noi al cimitero.

David Hawkins, Adrian, Peter Trower (Creta 1992)

Tornato in Italia, Facebook mi aiuta a ricostruire il puzzle fatto di volti, informazioni, storie. Dal 2011 al 2016 ho raccolto molto materiale per scrivere il libro, e naturalmente anche molte immagini. Ce n’è una che risale all’estate 1992, Adrian è in vacanza a Creta con due suoi amici: scopro solo ora che si tratta di Peter Trower e David Hawkins.

David Hawkins (Photo © Martijn Prins)

Anche David è presente al Cavern ed è con noi il giorno dopo. Parliamo poco, ma facciamo poi un bel tratto di strada insieme a piedi, verso la fermata dell’autobus, quanto basta per presentarci, per dire chi siamo, dove viviamo, per accennare ai nostri lavori, alla nostra normale vita italiana che quotidianamente conduciamo, con  la musica di Adrian che  lasciamo scorrere  in mente come permanente colonna sonora.

Anche Elliot Wheeler lo incontriamo fisicamente per la prima volta, ma lo conosciamo meglio grazie ai contatti più frequenti su Facebook già intercorsi in questi anni. Elliot ha una visibilità particolare, ha suonato con molti gruppi ed è socialmente molto attivo.

I.V.Webb and Audrey Eade (Photo © Martijn Prins)

Accanto a Audrey nel pub c’è una bella ragazza,  tipicamente inglese, biondona e sorridente,  parla con me e con le signore italiane, ma anche in questo caso non comprendo totalmente ciò che lei vuol dirmi.  Marina poi mi dirà: “guarda che quella è I.V. Webb, ha cantato con Adrian nel disco Cinematic, ha collaborato anche con i Dead Can Dance, ha una voce stupenda”.
Che peccato,  fossi stato più lucido e concentrato le avrei fatto mille domande, le avrei chiesto tante cose.

Mike Dudley and Rick Hussey (Photo © Martijn Prins)

Ma l’incontro più bello è con un signore che mi avvicina e mi ringrazia per aver realizzato il libro, qualcuno tra gli amici  me lo presenta, “lui è Rick Hussey”, e quando sento il suo nome capisco subito, era il tecnico delle luci della band, nel mio libro c’è una fotografia che lo ritrae con Max Mayers,  me la inviò Mike Dudley. Allora mi precipito a prendere una copia del libro, ne ho sistemate alcune nelle vicinanze del palco, ci tengo a regalargliela, insisto, ma mi dice di non preoccuparmi, e di voler essere lui a consegnare a noi, a me, a Jean-Paul Van Mierlo dei vecchi materiali che riguardano la band, li ha portati con sé in albergo.

Rick Hussey and Giuseppe Basile ( Photo © Alan Bell)

Ci sediamo fuori a chiacchierare,  compare un fotografo, si chiama Alan Bell. “Lui è il fotografo che fece queste celebri foto ad Adrian, guarda!” mi dice Jean-Paul. Sono le foto degli ultimi anni, quelle del periodo di pubblicazione di 5:AM. Alan Bell ci chiede di poterci fotografare, Rick Hussey ed io, Jean-Paul ed io. Parliamo e scherziamo tutti insieme, amabilmente, c’è un clima bellissimo, una felicità che ci unisce.

“Max era una grande persona”, dice Rick, “un carissimo amico per me”. La conversazione è piacevole con tutti, ma il concerto è lì sul palco a calamitare le noste attenzioni, difficile conciliare l’emozione del live con le pubbliche relazioni.

Dopo la performance di Kevin Hewick lo avvicino e mi presento, mi appare turbato, forse c’è qualcosa del suo show che non lo ha soddisfatto, ma le sue sono sensazioni personali che noi non possiamo cogliere, per noi è stato adrenalina pura. Ci abbracciamo come vecchi amici, lui mi regala due suoi cd che ora gelosamente conservo.

Il mattino seguente anche Kevin è con noi al cimitero, ciascuno porge ad Adrian un fiore, qualcuno deposita il plettro della chitarra sulla lapide, qualcun altro, come me, rimane assorto nei propri pensieri. Sono trascorsi vent’anni dalla scomparsa di questo caro comune amico.  I volti di ciascuno di noi mostrano ora i segni di una vita che comunque sia andata, è stata  un’avventura, un percorso inevitabile, con tutto il suo bagaglio di  dolori, sconfitte, fallimenti che ci abbattono, ma che poi, quando l’amore, l’amicizia e la passione pervadono i nostri sguardi, anche come brevi lampi,  restituisce quell’emozione che è il sale di tutto, e ci  riporta ancora verso le incrollabili cose che amiamo.

Giuseppe Basile © Geophonìe
11/06/2019 – Diritti Riservati