Lucio Schiazza: storia di un viaggio fotografico nella nobilissima Taranto

Ha raccolto in dieci anni di ricerche 20.000 fotografie d’epoca di Taranto, folgorato dall’amore per la città in cui visse solo negli anni ’40, da bambino, senza potervi fare mai più ritorno: è la storia straordinaria di Lucio Schiazza, abruzzese. Grazie a un viaggio virtuale nel Web ha ricostruito luoghi e percorsi della sua memoria, dando vita a un incredibile patrimonio di immagini.

 

Lucio Schiazza e i suoi genitori, Ristorante Pesce Fritto (Taranto Vecchia), 1961.

Premessa

Quando venne costituita la nostra associazione, un gruppo di appassionati di musica e di fotografia si riunì per dar vita a un’aggregazione di collezionisti che pur conservando la proprietà e l’uso  dei propri cimeli, desideravano esporli in una sorta di “museo comune” per valorizzarli, renderli visibili, condividerli. Era il 2007 e Geophonìe si avviò così verso un accidentato percorso.

Si vaneggiavano progetti, pubblicazioni, mostre, esposizioni, esibizioni: iniziative forse velleitarie, o forse impedite dalle scarse risorse, dalla disponibilità di tempo e di energie dei soci partecipanti.

Salvare dei patrimoni fotografici, sottrarli all’oblio imposto loro da armadi e cassetti ben chiusi nelle case di ciascuno, era in quei primi anni una sorta di missione impossibile.

La gestione di un sito web, il suo aggiornamento, le problematiche tecniche, legali, ma anche personali si ergevano come ostacoli invalicabili per un approccio hobbystico quale era – ed è sempre rimasto – quello offerto dalla comunità ristretta degli associati. Ma la passione, quando viene esternata, quando inizia in qualche modo a propagarsi, anche solo in modo fortuito, prima o poi arriva a lambire altre sensibilità. E allora  le storie personali, i ricordi, certe esperienze vissute, inevitabilmente si attraggono, si incrociano.

Il racconto

Vi raccontiamo una storia che ha dell’incredibile.

Nel 2015 pubblicammo un articolo in memoria di un famoso fotografo tarantino, Paolo De Siati, decano della fotografia (25.1.1895-27.10.1960) vissuto tra le due guerre. Fu tra i pionieri della fotografia nell’area jonica.

http://geophonie.it/la-collezione-de-siati-un-patrimonio-della-fotografia/

In calce all’articolo, dopo qualche tempo, comparve uno strano commento: lo scriveva un signore abruzzese, innamorato di Taranto: vi aveva vissuto da bambino i suoi primi 9 anni.

“L’articolo si commenta da sè … è un atto di ammirazione e amore verso una persona che ha saputo amare la Città, ma ancor prima i suoi Concittadini! Profondamente serio nel suo lavoro lo sublimava con la poesia di cui era ricchissimo. Ne parlo come se io fossi stato un suo amico che lo ha seguito da sempre…no, non è così!

Lasciai Taranto nel febbraio del 1949, avevo abitato in Viale Virgilio vicinissimo ai Salesiani in una casa oggi distrutta appartenente (si noti la coincidenza) alla Famiglia De Siati … Orazio De Siati. Avevo 9 anni, pochi, ma sufficienti a portare con me la Tarantinite Acuta che non mi ha mai lasciato. Non avevo altra possibilità, quando la nostalgia si faceva particolarmente acuta, se non quella di rifugiarmi nei miei ricordi.

Non esisteva Internet…ma quando finalmente l’ho incontrato (non molti anni fa), la mia fame di Taranto mi ha indotto a fare man bassa di tutto quello che mi è stato possibile! In questo Safari perenne ho incontrato il Sig.Paolo il cui cognome mi conquistò subito perchè era lo stesso del mio Padrone di casa.

Ma torniamo al Sig. Paolo. Nelle immagini che mettevo da parte, quando vedevo il logo De Siati, per me era una garanzia, perché quando…dopo la caccia…tornavo sul lavoro fatto, mi mettevo  in contemplazione della “mia” Taranto, e un pò per volta.. ho assimilato il gusto artistico del Sig.Paolo, ed ogni foto aveva per me un messaggio, un messaggio di una persona che mi diventava sempre più amica, una persona che mi attendeva puntualmente in ogni mio viaggio virtuale a Taranto. Lui era il mio maestro e io il suo allievo, perchè in ogni nuova immagine era come se mi dicesse “oggi Lucio, ti faccio fare attenzione su questo particolare…”.

L’articolo che ho letto mi ha confermato che la mia non è stata una pia illusione (quando si parla delle accortezze, della pazienza della ricerca del momento migliore per scattare, le sfumature dei grigi che a volte sembrano rivestirsi di colori…ecc).

In conclusione, il Sig. Paolo mi ha restituito Taranto con tantissima generosità comunicandomi il suo amore per la Città e, da parte mia, ho cercato di condividere con Lui i  miei sentimenti! Ora non mi resta altro che ringraziare la persona che mi ha letto con tanta pazienza e porgere i più cari saluti! Lucio”.

 Una mail strana, per certi versi ampollosa, scritta con uno stile d’altri tempi, ma carica di emozione. Decidemmo subito di contattare questo lettore.

“Caro Signore, sono Giuseppe Basile, l’autore di quel pezzo che lei ha letto. Orazio De Siati, Suo “padrone di casa”, era mio nonno. Mia madre si chiamava Maria De Siati, figlia di Orazio. Abitò in quella casa, Viale Virgilio 48, di fronte ai Salesiani. Teniamoci in contatto”.

Taranto, anni 40. Stazione Cacciatorpediniere.

Nasce un’amicizia virtuale, e poi reale. Il sig. Lucio Schiazza ci racconta di essere nato a Gaeta, il 26.12.1940, da Ernesto Schiazza, abruzzese di Città Sant’Angelo (Pescara), e da Anna Francescangeli. Papà Ernesto è un sottufficiale di marina, maresciallo, capo meccanico. L’Italia è in guerra. Nel ’42 la giovane famiglia Schiazza giunge a Taranto. I coniugi Ernesto ed Anna hanno due figli, la primogenita Ivonne e il piccolo Lucio. Ernesto lavorerà all’Arsenale Militare, ma per lunghi periodi sarà anche imbarcato: i documenti militari citano diverse destinazioni, Tobruk, Crimea. Ernesto sarà testimone e superstite di tre affondamenti. Le notizie che giungono a Taranto sono scarne, frammentarie.

Ma la guerra nel Sud fortunatamente termina, dopo l’8 settembre 1943. La famiglia Schiazza permane a Taranto, almeno sino al 1949. E in tutti questi anni dimora in viale Virgilio 48, una villa di proprietà di Orazio De Siati, giornalista, per alcuni anni titolare di un esercizio commerciale di ristorazione nei pressi di piazza della Vittoria, infine libraio. Questa villa è il luogo dell’infanzia di Lucio: qui prendono forma tutti i suoi sogni, le sue fantasie di bambino, quelle che non dimenticherà mai più.

Gli anni passano. Nel 49 la famiglia Schiazza fa rientro in Abruzzo a Chieti. Lucio, adulto, dopo gli  studi di geometra, risiederà dapprima a Vasto ove prenderà servizio negli uffici tecnici comunali, poi vi svolgerà attività libera di consulenza, infine si trasferirà ad Ancona per prendere servizio nell’ospedale cittadino, e poi in quello di Atessa, il paese in cui si stabilirà con sua moglie Rita e i suoi tre figli Stefano, Davide e Anna.

La vita familiare non contempla facili viaggi di piacere, ci sono sempre altre priorità, e Lucio, pur tenendo stabilmente Taranto nei suoi pensieri, come accade agli esuli,  non vi fa più ritorno, eccetto una sola volta, nel 1961: in occasione di questo breve viaggio con i suoi genitori, Lucio scopre che la sua casa in viale Virgilio è stata abbattuta, pernotta in un moderno hotel cittadino, va a pranzo da “Pesce Fritto” (celebre ristorante dell’epoca, nella città vecchia), e rientra poi in Abruzzo.

Ma nel 2008, quando ormai ha raggiunto l’età del pensionamento, riceve in regalo un computer: comincia a prendere dimestichezza con Internet e quindi inzia a cercare tutte le immagini esistenti di Taranto, a leggere avidamente storie e cronache, a rinvenire tracce di luoghi del passato, a ricostruirli, a scoprirne i cambiamenti, ad approfondire aspetti della cultura jonica che non aveva mai avuto occasione di conoscere. I Cantieri Navali, l’Arsenale Militare, i siti della Marina, il varo delle navi, la natura del territorio, le isole Cheradi, le spiagge, i mari, e naturalmente la sua cara villa di Viale Virgilio 48.

Viale Virgilio 48, Taranto, Ricostruzione di Lucio Schiazza.

“E’ vero Sig.Basile, questa storia è un po’ strana, non fosse altro per la serie di coincidenze che mi sono letteralmente venute incontro nei miei vagabondaggi nel Web. 

Mi ritengo una persona concreta e non facile a credere a interventi del trascendente nella vita reale, ma questo devo proprio dirglielo…nelle mie ricerche, dall’inizio (circa tre anni fa), a tutt’oggi quando ho incontrato il Suo sito “Geophonìe”, è stato come se fossi stato “guidato” nella scelta delle pagine, ed ogni tassello alla fine ha trovato il giusto posto nel mosaico del mio passato tarantino.

Taranto con la sua bellezza mi è rimasta nel cuore e mi sono sempre sentito tarantino perchè appunto i miei ricordi iniziano lì e proprio in quella casa divisa in tre lotti e abitata da altrettante famiglie: Caputo, Castelli e la mia, Schiazza! Devo dirle che Taranto con tutte le sue vicissitudini è stata ed è presente nelle mie preghiere insieme a tutte le persone del mio passato e a quelle di oggi che “non mi appartengono più” ! E tra le persone del “mio” passato uno dei posti più preminenti è sempre appartenuto a tutta la Famiglia De Siati, sia attuale,  sia quella che ci ha preceduto nella Eternità. Sua Madre è la prima persona che ho incontrato in foto e tenga presente che non la conoscevo.

Quando la miniatura del Tesserino si è affacciata  sullo schermo del mio PC, la prima cosa che ho visto è stato il cognome e poi “figlia di Orazio”. Ho avuto un tuffo al cuore… e immediatamente ho mandato la foto a mia sorella (tramite il maggiore dei suoi figli  con il quale sono in contatto via Web). Mia sorella si ricordava benissimo della Signora Maria e anche degli altri componenti della Famiglia. La casa fu adibita a magazzino per qualche tempo e poi abbattuta. Io tornai con Mamma e Papà a Taranto nel 1961 (unica volta) e al posto della casa c’era un grande prato verde…anche i maestosi pini non esistevano più! Alloggiammo nell’allora Hotel Jolly, oggi Mar Grande Hotel Park. Papà lo scelse perché il più vicino al luogo dove sorgeva la casa, ma il mattino successivo fu una bella scarpinata lo stesso e nell’incipiente primavera tarantina il caldo si fece ben sentire!”

Villa De Siati, 23 maggio 1926, Viale Virgilio 48 Taranto – © Geophonìe

Cominciamo a scambiarci delle fotografie d’epoca. Lucio addirittura si cimenta in alcune ricostruzioni, affidandosi ai suoi ricordi. Ma un giorno, in una cassa abbandonata da decenni, in occasione di un trasloco a Taranto, compaiono numerose vecchie foto dimenticate: tra queste ve ne sono in particolare due, scattate il 23 maggio 1926. Sono fotografie preziose che immortalano la villa De Siati. Altre vengono poi rinvenute in un vecchio album di famiglia. Per Lucio Schiazza, ad Atessa, è un giorno importante: rivede la sua casa, alcuni volti, l’atmosfera di un’epoca.

Diventiamo presto grandi amici, ci scriviamo, parliamo di noi, delle nostre famiglie, delle nostre vite, di gioie e preoccupazioni: e tutto questo mentre Lucio, instancabile, prosegue nel suo “safari fotografico”. La sua è una caccia quotidiana, una ricerca animata da una passione quasi morbosa. Cataloga e conserva migliaia di fotografie di Taranto: le orchestre, i locali da ballo, i gruppi musicali, le piazze, le immagini di vecchi negozi.

Pochi giorni fa giunge a Modena un regalo: Lucio Schiazza ci invia 13.000 fotografie, un patrimonio storico. Più grande dello stesso archivio di Paolo De Siati. Vuole che sia la nostra associazione a conservarle, valorizzarle, forse esporle.

Sono immagini tratte da libri, vecchie cartoline, foto di cronache e documentazioni, lampi di una vita lontana. “Non ho badato a questioni legate alla proprietà di queste immagini” – dice – “sono immagini per le quali non è possibile risalire ad un legittimo proprietario, sono fotografie comuni, e che comunque io ho raccolto solo a fini personali”.

Lucio Schiazza, a nostro parere, è un eroe: un tarantino che ha amato Taranto molto più di coloro che vi hanno vissuto, e che ha conservato caparbiamente i suoi ricordi per una vita intera, sino a renderli tangibili, visibili. La sua collezione è emozionante, l’ha intitolata: “Nobilissima Taranto”.

Sarebbe il caso di conferirgli la cittadinanza onoraria: siamo certi che se le Autorità comunali verranno a conoscenza di  questa storia, lo contatteranno. Da parte nostra, dobbiamo dire di aver ripetutamente provato e insistito per averlo ancora una volta nostro ospite fra i due mari, sinora invano. Ma continueremo a provarci, con quella stessa tenacia che ha consentito a lui, Lucio Schiazza, di diventare uno dei più grandi documentaristi che Taranto abbia mai avuto. E frattanto, inizieremo pazientemente, con i nostri tempi “hobbystici”, a costruire un progetto degno della sua stupefacente collezione.

Giuseppe Basile © Geophonìe (09.10.2018)

Raccolta Fotografica di Lucio Schiazza

Ricordati Barbara quella notte di stelle a Ginevra

Vi propongo i “Passions”. E ve li propongo raccontandovi un mio ricordo personale. E’ il 2 dicembre 1982. I “Passions” sono attesi a Ginevra, in Svizzera. Acquisto il biglietto in prevendita e cerco di immaginare se dal vivo il gruppo riuscirà a confermare quel talento che dimostra negli album. Arrivo in netto anticipo sull’orario del concerto e dopo aver bevuto qualcosa mi sistemo proprio sotto il palco, insieme con un amico. Alle 21, puntuali come un orologio svizzero, il gruppo fa il suo ingresso e immediatamente le note di “The Swimmer” inondano il grande salone del 1700 dove si svolge lo spettacolo. Il pubblico, poco numeroso, si dimostra subito svogliato, applaude timidamente alla conclusione di ogni brano. Ma, a ogni modo, lo spettacolo cresce in qualità, canzone dopo canzone. Tanto che, dopo la prima mezz’ora, stiamo delirando per “I’m in love with german star”, una versione impossibile, con una nuova ragazza al sax e alle tastiere, che accompagna i “Passions” in tour.

Barbara Gogan, con la sua voce elegantissima, sciorina via via tutti i migliori brani: la favolosa “Into night”, la toccante “Sanctuary”, la veloce “Jump for Joy”.  Il pubblico è appagato, tutti si mettono in movimento, i bis sono addirittura quattro. Entusiasmante. Barbara ringrazia in francese e la sua esile figura scompare dietro le quinte, dove la raggiungo per poterle parlare.

La chiacchierata ha luogo in uno chalet-ristorante, con Barbara che, tra un boccone e un bicchiere di vino, mi racconta quanto le piacerebbe poter suonare in un concerto in Italia. Per il resto, abbiamo parlato come due vecchi amici. Alle tre del mattino ci salutiamo: Barbara mi garantisce che presto verrà in Italia. Andiamo a casa sotto un cielo stellato, con le luci notturne di Ginevra e la musica dei “Passions” come colonna sonora.

Marcello Nitti © Geophonìe

Conversazioni su Adrian Borland & The Sound.

Gli autori Basile e Nitti, al Caffè Nautilus di Taranto (23 dicembre 2016) hanno presentato al  pubblico il loro nuovo libro, spiegando il valore dei testi di Adrian Borland e raccontandone la  storia artistica e personale.

05 “Sin dalle sue origini, la musica popolare si è sviluppata con un’accentuata vocazione  all’intrattenimento. Non era richiesto che i suoi contenuti venissero espressi attraverso testi  “letterari”. Il verso poetico, se capitava, era eccezione alla regola. La canzone popolare era “musica leggera” proprio per questa sua attitudine a contrapporsi alla musica alta, colta, alla grande opera lirica o sinfonica. La sua facilità di fruizione, di percezione, l’immediatezza che la caratterizzava, discendeva anche dalla facilità dei suoi testi. E’ per questo che nella pop music hanno poi trovato diritto di cittadinanza tanti testi insulsi, stupidi, privi di contenuto. Il testo veniva spesso concepito unicamente come accessorio, utile solo a far funzionare la canzone.  Testi senza senso, casuali, banali. Ne abbiamo letti di tutti i tipi. Anche la filastrocca poteva essere presa a prestito, e perfino assurgere a standard stilistico. “Tu dici si/Io dico no/Tu dici stop/Io dico vai vai vai/Tu dici goodbye/Io dico ciao” (The Beatles, Hello Goodbye, 1967), è uno standard, come “She-Loves-You-Yeah-Yeah-Yeah”: la canzonetta può fare a meno del pensiero intellettuale, e funziona ugualmente. Questa scoperta è alla base dello sviluppo inarrestabile della musica pop.

DSC_0004Solo con l’avvento dei cantautori il sistema-canzone riscopre il valore del testo: la musica popolare trova un nuovo percorso, un’altra modalità di sviluppo. Il cantautore cerca il contenuto prima delle armonie melodiche, cerca la poesia, a cui ambisce, a cui vuole accostarsi sempre più. E attraverso questo binario, più complesso e profondo, la musica popolare in questi anni  è riuscita a guadagnare il rispetto delle arti maggiori e della cultura sino a ottenere il più alto riconoscimento, quello del Nobel per la letteratura assegnato a un cantante rock, Bob Dylan: non per la musica, ma per i suoi testi, finalmente accolti come autentica letteratura.

Negli anni 80 una musica molto estetica,  fortemente orientata verso il mercato, il look, la moda e il largo consumo, aveva nuovamente relegato i testi ad un ruolo 02secondario. Nessun gruppo, tra quelli che oggi definiamo “new wave”, passa alla storia per liriche di particolare valore letterario. I Simple Minds, gli Ultravox, i Bauhaus, i Depeche Mode e tutte le schiere di band commerciali sulla scia dei Duran Duran, George Michael, Madonna, Culture Club, non hanno lasciato alcun segno attraverso i propri testi. Per questo i testi di Adrian Borland e dei The Sound sono stati oggi riconosciuti come testi diversi: Borland aveva un approccio cantautorale nella composizione del testo, fatto atipico in quella scena musicale.   Non venne notato. La sua scrittura, “punk riflessiva”,  è risultata un caso forse unico nel panorama di quegli anni. Lo abbiamo compreso col tempo, crescendo, con la passione di chi ama la musica e non si accontenta delle sole suggestioni sonore, quelle che prima o poi passano di moda e non ci appassionano più” .

CARLO AMICO

Carlo Amico  nacque a Taranto il 28 marzo 1990. Conseguita la maturità classica al Liceo Ginnasio Archita di Taranto, intraprese studi di filosofia all’Università di Lecce. Il 13 novembre 2012 venne improvvisamente a mancare.  I suoi genitori, Mariella Semeraro e Vincenzo Amico, successivamente alla perdita di Carlo, ebbero occasione di esaminare alcuni manoscritti rinvenuti in casa e appartenenti al caro figlio: la scoperta fu sbalorditiva. Si trattava di un’autentica opera poetica, di enorme profondità concettuale e d’animo.

I testi e le numerose poesie rinvenute vennero sottoposte per una valutazione tecnica all’esame di alcuni esperti. In particolare Mario De Siati (noto scrittore italiano, collaboratore di Mondadori, Fandango Editore, L’Unità  e Repubblica, finalista al Premio Strega nel 2011), rilevò subito il valore dei componimenti e non esitò a riconoscerne il valore eccelso (http://geophonie.it/il-solco-rovente-di-una-generazione-piccoli-appunti-sugli-scritti-di-carlo-amico/).

Nel 2014 i genitori di Carlo decisero di autoprodurre attraverso l’Associazione Geophonìe un libro, Dolceamaro, contenente i suoi lavori. Trattasi di un lavoro di grande valore artistico e culturale, per gli ideali espressi, la forza espressiva, il calore interiore e il misterioso sguardo osservatore del poeta autentico che nel vedere oltre la comune realtà, riesce a indicare profeticamente una via esistenziale e progettuale per l’Uomo comune.

Il libro “Dolceamaro” è stato distribuito gratuitamente dalla famiglia Amico, e ha poi costituito fonte e occasione per incontri pubblici, illustrativi e rievocativi del pensiero e dell’arte letteraria e poetica di questo importante autore. http://geophonie.it/dolceamaro-poesie-racconti-e-saggi-di-carlo-amico/

Giuseppe Basile

Giuseppe Basile, originario di Taranto, vive e lavora a Modena, ove svolge la professione legale.

E’ stato un fondatore dell’Associazione Geophonìe, e ne è tuttora un socio e sostenitore. Appassionato di musica e di fotografia, sin da giovanissimo ha collezionato materiali audio, documenti fotografici e di stampa. Nel 2007 decise di conferire un suo piccolo patrimonio privato all’Associazione, per condividerlo con altri appassionati e per valorizzarlo con un programma di gestione comune ad altre collezioni private di proprietà di altri soci e amatori.

Giuseppe Basile realizza e cura collezioni di fotografie amatoriali di concerti dal vivo e fotocronache di eventi di spettacolo. Le fotografie riguardano sempre soggetti pubblici, ritratti in pubblico, la cui immagine costituisce mera documentazione e cronaca, a soli fini culturali. Tali collezioni sono in continuo divenire ed il sito dell’Associazione ne sta curando gradualmente l’esposizione.
L’Autore ha in corso un ulteriore progetto di cura e gestione di una vasta collezione fotografica d’epoca relativa alla città di Taranto (archivio privato).

Nell’ambito della critica musicale Giuseppe Basile, in veste di blogger, ha documentato con recensioni personali alcuni eventi a cui ha assistito negli anni, assecondando la propria inclinazione e passione per la scrittura e la documentazione. Anche le sue recensioni sono esposte nel nostro sito.

E’, infine, co-autore di due libri documentaristici e fotografici, saggi di critica musicale (il primo nel 2007, ed il secondo nel 2016, editi dall’Associazione).

Il libro del 2007 intitolato “80, NEW SOUND, NEW WAVE. VITA, MUSICA ED EVENTI NELLA PROVINCIA ITALIANA DEGLI ANNI 80” (Geophonìe, G.Basile /M.Nitti), è una storia in chiave sociologica delle influenze culturali e musicali sviluppatesi a Taranto, in Puglia e in provincia durante gli anni 80 con l’affermazione di nuovi generi e stili musicali al tempo innovativi. Il libro del 2016 intitolato “ADRIAN BORLAND & THE SOUND. MEANING OF A DISTANT VICTORY” (Geophonìe, G.Basile/M.Nitti) è una biografia ed un saggio critico incentrato sulla band inglese The Sound ed il suo leader Adrian Borland. Il volume, al momento unico esistente al mondo su questo tema, è stato realizzato in onore dell’artista deceduto nel 1999 e con la collaborazione del padre, Robert Borland, amico degli autori.

Gli scritti e i reportage fotografici di Giuseppe Basile (recensioni, commenti critici), liberamente e gratuitamente accessibili, costituiscono iniziative frutto di pura passione hobbystica e sono totalmente privi di lucro, come previsto dall’Associazione che ne è affidataria.