Periodo prenatalizio e di conseguenza le “label” cercano in tutti i modi di piazzare il singolo che potrebbe avere un immediato successo.
Di singoli, in verità, ne sono stati pubblicati a decine, dei più svariati stili e miscele musicali: funk-rock, rock-disco,e via dicendo. Ma quello che più sconcerta è il preoccupante dilagare di singoli fatti per essere ascoltati e ballati in discoteca, a parte pochi eletti.
Anche i magnifici New Order hanno il loro singolo in testa alla classifiche inglesi, quel “Confusion” che ha spaccato i grandi nostalgici dei Joy Division.
Un nuovo gruppo che ancora non riesce a pubblicare un album, ma che ha prodotto tre E.P. è “Hey! Elastica”, nome buffo e simpatico per un gruppo di quattro ragazzotti (prima erano in sei): Bee Mc Vicar, Shez, Giles e Samantha Swanson, coprotagonisti di “Party Games”, il loro pezzo forte. Il brano è ben strutturato e possiede una poderosa sezione ritmica molto rock anno 80 dove vengono innestate le voci e i cori delle ragazze, in ampio stile americano. Il tutto risulta godibilissimo e assai ballabile, a tratti swingante per la bella presenza dei fiati. La produzione è opera di Martin Rushent, già con gli Human Leauge e Alfred Images. Credo che Martin voglia portare al successo anche questo gruppo, sostituendosi al vecchio produttore Tony Visconti che tutti voi ricorderete come braccio destro di Bowie.
Altro singolo che merita nota è quello dei Depeche Mode, gruppo che da poco ha concluso una tournee in Italia. Il singolo in questione è “Love in itself”, già contenuto nell’ultimo album. La novità sta nel lato “b”, che ruota straordinariamente a 33 giri invece dei consueti 45 e contiene ben 4 brani dal vivo, registrati a Londra il 25 ottobre dello scorso anno (“Just can’t get enough”, “A photograph of you”, “Shout”, “Photografic”). Inutile dire che questi menestrelli dell’elettronica hanno indiscussa padronanza del proprio sound e che ogni disco è un saggio di dolci e allegre ballate elettroniche con il gusto del bambino supereducato. Un singolo per collezionisti, in definitiva.
E per concludere, un singolo del Soft Cell, a mio parere il gruppo più sapido dell’elettronica pop inglese. Dopo le dichiarazioni di scioglimento del duo per iniziativa di Marc Almond, la loro “label” pubblica questo “Soul Inside” registrato sicuramente in tempo di pace, ma che mostra un Almond nervoso e accigliato. Ne viene fuori un brano inquieto ma ricco dei soliti “celliani” che hanno ormai consacrato i “Soft Cell” come gruppo pop-elettronico degli Anni ’80. Sul retro due delizione novità: una nuova versione di “Loving you – hating me”, già inclusa nel felice album “The art of falling apart” (qui completamente remixata) e infine una versione della colonna sonora del film “Si vive solo due volte” (James Bond). Buon Ascolto.
Marcello Nitti © Geophonìe

Corriere del Giorno, 05.06.1983
DISCHINOVITA’ / “Whammy” dei B 52’S
Siam facili profeti questo è un successo.
I B 52’s tra il ’79 e l’80 pubblicarono due album che ebbero un discreto successo: ad essi appartenevano due momenti particolarmente felici, i brani “Planet Claire” e “Devil in my car”. Caratterizzanti.
E’ il caso comunque di spendere due parole sul gruppo: sono in cinque (due donne), vestono sixties e hanno meno di 25 anni, si sono conosciuti all’università dove facevano musica creando casini alla “Blues Brothers”. La loro musica è una spietata miscela di rock’n’roll con coretti sixties e ritmica da ballare.
E’ naturale che all’ascolto il gradimento sarà soggettivo, ma loro risultano simpatici a molti e riuscirono lo scorso anno a pubblicare un mini-ellepì con la produzione di David Byrne dei Talking Heads. L’album si chiamava “Mesopotamia” e fu una delusione, i pezzi erano anonimi e senza nerbo: non bastò l’apporto di Byrne. Con molte probabilità la confusione, nella fase di realizzazione, fu molta e la causa è da ricercare nella prepotenza inesorabile di ciascun elemento, da cui dispersione e un risultato certo non eccellente.
Qui però va detto che proprio questa “caduta” ha determinato una pausa di riflessione del gruppo, che adesso pubblica “Whammy!”, nuovo album e nuovo corso, con una grinta ritrovate e canzoni taglientissime. La formazione non è stata alterata, l’album è ben curato, ed è stato accompagnato dall’uscita di un doppio 45 giri che include una nuova versione di “Planet Claire”.
Non è difficile profetizzate che questo disco sarà molto usato e goduto nelle discoteche e non è altrettanto difficile prevedere per “Whammy Kisses” un’attenzione particolare. In definitiva un ottimo lavoro, però come tutte le belle cose, non ascoltatelo troppo. Potrebbe stancarvi.
Marcello Nitti © Geophonìe
A Martina Franca (Taranto) Arte e Fotografia si incontrano in cortile

Gianfranco Nitti, 20.09.2020, © L’Osservatore d’Italia
Da venerdì 18 fino al 30 settembre, nella splendida cornice del cortile di uno dei palazzi settecenteschi più suggestivi di Martina Franca, sito lungo corso Vittorio Emanuele al n. 38, è in corso tutti i giorni la mostra dal titolo INCONTRI IN CORTILE con i dipinti realizzati da Vito Marzo e le fotografie di Marcello Nitti, ad ingresso libero nel pieno rispetto nelle norme anti-covid.
Uno spazio espositivo originale e che, in un certo modo, rompe con la tradizione dello spazio chiuso di una galleria per offrire un accesso aperto e libero, inserito in un contesto di una cittadina nota per la vivacità dei suoi fermenti culturali. Gli acquerelli di Vito Marzo in mostra sono stati realizzati in gran parte nel periodo della chiusura, e hanno come tema alcune immagini femminili e sensazioni di attesa, solitudine, riflessione; a sua volta, Marcello Nitti ha già realizzato rinomate mostre delle sue fotografie all’estero, in Svezia, e quelle esposte in cortile sono un estratto delle sue tematiche illustrative, qui sintetizzate in giochi di trasparenze monocromatiche.
L’allestimento è ideato e realizzato secondo criteri minimalisti, che rispettano il contenuto delle opere allo stesso tempo valorizzando il contenitore che le accoglie.
La mostra si offre quasi come un contrappunto tra due forme espressive che spesso si assimilano a seconda dei contenuti trattati e delle quali spesso è difficile distinguere la caratteristica artistica o documentaria.
Martina Franca, arte e fotografia si incontrano in cortile
Una mostra fotografica dal profondo sud al profondo nord d’Europa: Marcello Nitti riprende il suo viaggio visionario a Stoccolma
MARCELLO NITTI: LA FOTOGRAFIA CHE PORTA AL NORD LUCI E SUONI DEL SUD
A Taranto gli Ultravox.

Corriere del Giorno, 01.09.1984
Domani sera al Tursport (nel campo di calcio) l’attesissimo concerto che aprirà il tour europeo del complesso rock.
Cominciati i sopralluoghi. Poi il relax: piscina, passeggiate in città, donne e birra.
Puntualissima come nello stile inglese, ieri pomeriggio è arrivata la prima parte della carovana degli Ultravox. Il gruppo inglese che da domani, con il concerto tarantino del Tursport, prende il via per la tournèe europea. Il quartier generale è l’Hotel Delfino.
Indescrivibile l’atmosfera che ha immediatamente popolato la hall dell’albergo dopo le 16,30. Il portiere che a malapena riesce a distribuire le chiavi di ciascuna stanza prenotata con largo anticipo, gli zaini e gli imponenti valigioni, su cui sono incollati adesivi a non finire, abbandonati qua e là. Una sarabanda di tipi e di colori. Chi con i capelli lunghi, chi con la chioma rasata, chi con stivaloni chi con ciabatte (o addirittura a piedi scalzi). Il fattore che immediatamente li accomuna, oltre a una invidiabile serie di magliette con su scritto i nomi di altri prestigiosi gruppi del Regno Unito (Duran, Simple, Spandau o Sky), è una prima ricognizione al bar dello stesso albergo: birra per tutti e fuori sull’enorme balconata a godere il panorama, schizzandosi sulla faccia la birra che esce dal barattolo dopo averlo violentemente agitato. Non si contano le gags. Qualcuno brontola, qualcun altro lo sfotte: uno ha un walkman e ascolta musica, un altro lascia cadere gli indumenti nella hall e va a fare il bagno in piscina. Tutti insieme bissano la prima lattina di birra. Tra una birra e l’altra giunge la notizia dal road manager, che l’appuntamento, più tardi sempre nella sala d’aspetto, con gli organizzatori locali è fissato per le 18.
Cominciano i primi sopralluoghi al Tursport: è una carovana di auto diesel, tutte con targhe inglese, un paio di camper. Per strada, lungo Viale Virgilio, chi in auto, chi a passeggio, si volta a guardare la fila di mezzi: “è arrivato il circo americano”, dice qualcuno; “no, le taghe GB sono inglesi, può essere quello di Billy Smart”, commentano altri. Ma niente di tutto questo, anche se la carovana ha qualcosa di circense, oltre alla vita gitana a cui sono costretti artisti e tecnici. Sono una quindicina al sopralluogo. Restano soddisfatti dell’impianto, del campo di calcio su cui monteranno l’imponente palco. Come geometri incaricati dal Comune, fanno calcoli a mente e tracciano solchi; qui va lo stage, qui le transenne. I Tir, numerosi, sarà un problema parcheggiarli tutti all’interno. Dentro questi grossi mezzi, enormi cassoni con su scritto a vernice bianca: Cann, Cross, Currie e Ure: gli Ultravox. Ognuno di loro con la strumentazione occupa quasi un Tit. Warren, Chris, Billy arrivano più tardi. Midge in serata. Si godono gli ultimi scampoli di relax, da domani al lavoro. Midge Ure e Chris Cross, uno chitarrista e voce, l’altro bassista e tastierista, in Italia sono di casa. Appassionati di motori spesso trascorrono tra la Francia e l’Italia un bel po’ di ferie. In Francia, come scrivemmo tempo fa, durante un viaggio di piacere i due musicisti inglesi sono stati alleggeriti di mezzi e bagagli: ora amano solo l’Italia, Venezia in particolare…
Hanno voluto dedicare proprio al nostro Paese le primissime date dell’european tour, un banco di prova importantissimo. Nel corso dei concerti Ure e i suoi compagni dovranno ribadire l’indiscutibile leadership in campo rock di cui godono da anni attraverso una serie di avvicendamenti e svolte musicali. Ogni scelta, lo ripetiamo, è stata ragionata: gli Ultravox con intelligenza hanno amministrato la loro immagine fino ad essere sofisticati nel look e nel suono. Incravattati anziché no, hanno realizzato uns stupendo video (uno della serie che vedremo stasera e in replica domani pomeriggio su Italia Unoa “D.J. Television” condotta da Claudio Cecchetto), quel “Dancing with tears in my eyes” che riesce a dare grande spessore al tessuto musicale. I clips sono diventati l’autentica forza della formazione, “Lament”, il recente album della band, è stato per intero visualizzato. Primo posto in classifica (discografica e video).
E torniamo al concerto di domani al Tursport. E’ la vigilia e diventa un dovere dare un paio di suggerimenti a chi fosse interessato ad assistere allo spettacolo: per chi non avesse acquistato il biglietto suggeriamo di farlo in prevendita evitando così lunghe file ai botteghini o, peggio ancora, di cadere nelle grinfie dei soliti bagarini che venderanno gli ingressi a prezzi elevatissimi. Altro suggerimento, per evitare lunghe code o intasamenti con le auto, è quello di seguire le numerose segnalazioni seminate lungo il vialone che porta in via del Faro, a San Vito. C’è un capiente parcheggio per oltre tremila auto.
Claudio Frascella (Archivio Geophonìe)

Corriere Del Giorno, 27.06.1984.
Dopo un’assenza di due anni, ritorna Robert Smith con i suoi “Cure” in versione L.P. senza nascondere un aumentato interesse nei confronti del gruppo che parte dai fans, dopo le varie voci che circolavano pretendendo uno scioglimento dei ‘tre ragazzi immaginari’, voci che si rafforzano nell’apprendere la presenza di Robert Smith dal dicembre ’82 nei “Siouxsie and The Banshees” e nella pubblicazione di un album favoloso con la collaborazione di Steve Severin a nome “The Glove”.
La speranza che i Cure fossero ancora vivi era data dalla pubblicazione di ben quattro singoli. “Let’s go to bed”, brano orecchiabile, molto piacevole e mandato anche in discoteca. “The upstair’s room”, tipico ”suono Cure” , “The Lovecats”, brano bellissimo, insolito perché forzato, ed infine “The Caterpillar”, una bellissima ballata acustica con chitarra e piano pizzicato che ci presenta il nuovo album dei Cure, “The Top”. L’album con una copertina orientaleggiante e impregnata di simboli, si apre con “Shake Dog Shake”, brano tipico che richiama subito “Pornography”, precedente capolavoro del gruppo;
Ma è con “Birdman Girl” che si avvertono tendenza e melodia spagnoleggianti, che già il singolo “The Caterpillar” aveva annunciato. La voce di Robert, ormai particolare e riconoscibilissima, ci accompagna con mano nei meandri dei suoi sogni, “Wailing Wall” e “The empty world” sono certamente nate dal bisogno di non dimenticare un passato così bello e pieno di fede. A poco a poco ci si rende conto che tutto è un viaggio nella stanza della nostra mente, dove su altari sono poggiati i nostri desideri; mentre nei corridoi siamo inseguiti da mani che gridano e ci toccano con odioso sudore come in “Give me it”.
Il vertice dei Cure è raggiunto in “The Caterpillar”, solenne ballata rivolta a tutti i cuori; in “Dressing up” con musica orientale da incantesimo ed in “The Top” commovente invito a tornare indietro ed a sorridere con rinnovata maturità.
In sintesi un album sempre bello, che oltre a vedere Robert Smith e Laurence Tolhrust, padroni del marchio “The Cure” ci sono ad aiutarli Andy Anderson alla batteria e Porl Thompson al sax.
Marcello Nitti © Geophonìe