Primary, vent’anni di live sulle orme dei Cure.

Sui palchi dal 1999, i torinesi “Primary” sono un punto fermo per la promozione dell’arte musicale di Robert Smith & The Cure nel Nord Italia.

Marco Isaia e Riccardo Guido li abbiamo incontrati in occasione di un raduno dark wave tenutosi a Ferrara, e nel vederli sul palco abbiamo immediatamente riconosciuto la loro esperienza e sicurezza tipica delle band ormai collaudate, solide, con la padronanza del repertorio e la professionalità delle esecuzioni che soltanto il tempo e la militanza live possono attribuire. Le storie personali dei Primary, infatti, partono da lontano.

“Fondammo la band nel 1999” – dice Riccardo  (Rik) – ma ognuno dei componenti aveva un’esperienza pluriennale in campo musicale, con numerosi progetti alle spalle, alcuni dei quali ancora attivi.

Abbiamo sempre realizzato la nostra musica originale (con varie formazioni come TeaTime, Umornoir, Merce Vivo, Estetica Noir), ma parallelamente abbiamo sempre coltivato il nostro interesse per l’esperienza delle  tribute/cover band (con gruppi come Mr Frankly The Smiths Cover, Control Joy Division Cover, The Reflex Duran Duran Tribute Band, Sneakers Depeche Mode Tribute Band)”.

Grazie a questa versatilità, i Primary in tutti questi anni sono sempre stati al centro di numerose collaborazioni con altre cover band dell’area torinese: esperienze, queste, tuttora aperte. Marco Isaia (Voce e Chitarra), Luca Lazzaroni (chitarra), Riccardo Guido (basso), Enrico De Stefani (keyboards) e Fabio Prettico (Drums) sono un gruppo di musicisti di lungo corso.

“Nel 1999, grazie alla volontà di un gruppo di amici, trovammo nel mondo immaginario creato dalla musica dei Cure un territorio dove ritrovarsi, divertirsi e appassionarsi alla musica suonata dal vivo. La formazione originaria, (voce, due chitarre, basso e batteria) rimase stabile per diversi anni, fino  all’integrazione delle tastiere, che arricchirono il suono grezzo degli inizi e hanno poi contribuito significativamente ad ampliare il repertorio verso atmosfere più raffinate, ma sempre caratterizzate da un forte impatto live.

 

Dopo un periodo di stasi di alcuni anni, in cui i membri originari intrapresero nuovi e diversi percorsi musicali, il gruppo ha ritrovato forza e motivazione con una formazione che in parte ricalca quella originale e in parte include i membri di un’altra cover band dei Cure di Torino, gli Other Voices, amici e compagni di viaggio del percorso Primary”.

“La formazione attuale (voce, due chitarre, basso, batteria e tastiere) ha ripreso vita con una serie di concerti caratterizzati da una profonda ricerca sonora che spazia ampiamente nel repertorio dei Cure, dai pezzi dell’esordio del 1979 tratti da Three Imaginary Boys fino al 2008 di 4:13 Dream, passando per i classici degli anni ’80-’90 senza trascurare sonorità più cupe e malinconiche che caratterizzano distintamente i Cure nel panorama del dark/gothic rock. Ne sono un esempio i brani meno noti al grande pubblico e a noi molto graditi: spesso li riproponiamo nei live, come quelli tratti da 17 Seconds, Faith, Pornography, The Top, The Head On The Door, Kiss me Kiss me Kiss me, Disintegration, Wish, Wild Mood Swings e Bloodflowers”.

Grazie all’ampiezza del repertorio accumulato in più di venti anni di vita musicale, la band ha proposto in diverse occasioni delle serate “a tema”, dedicate a diversi album dei Cure, suonati interamente dal vivo in occasione di importanti ricorrenze temporali. Ne sono state un esempio le serate intitolate “Primary play Pornography”, “17seconds x 40 years” e “30 years of Disintegration” dedicate interamente a tre degli album più belli della discografia dei Cure.

Abbiamo chiesto ai Primary se abbiano mai conosciuto o incontrato direttamente The Cure.

“Purtroppo no” – ci dicono Rik e Marco –  “ma il nucleo originario della band si conobbe proprio ad un concerto dei Cure, nel 1996. Tre anni dopo iniziammo a suonare con una formazione embrionale, con l’attuale cantante nelle vesti di chitarrista e un giovanissimo cantante del tutto improvvisato, poi dipartito per divergenze musicali. La formazione attuale conserva ancora due dei membri originari, dopo più di 20 anni di amicizia e musica insieme”.

Nel corso di tutti questi anni, qual è l’opinione che avete maturato sul valore artistico dei Cure e sul loro successo?

“Abbiamo sempre riscontrato, in tutti i concerti, questo  trasporto del pubblico, questa attrazione che la musica dei Cure esercita verso quella “discesa catartica” nel loro  mondo visionario: hanno sempre saputo descrivere atmosfere assolutamente originali,  poi sempre imitate da tutti i gruppi dell’ambiente dark wave. I loro  intrecci di chitarre, i tappeti di tastiere e le liriche evocative  richiamano immagini sognanti e allucinazioni che tutti in qualche modo, prima o poi, vivono nella propria interiorità. E’ una musica profonda, profondissima, quella dei Cure. Addentrarsi là dentro é la nostra impresa quando saliamo sul palco, e condurre il pubblico in questo mondo visionario è ciò che ci gratifica”.

Quali sono le prospettive per una tribute band come la vostra ….

“Suonare è un piacere, purtroppo però ci rendiamo conto che non possiamo farlo diventare una professione. Siamo appassionati, ma ognuno di noi ha i propri (molti) impegni. Non per nulla continuiamo a calcare palchi cittadini, con qualche puntata estemporanea fuori regione (Lombardia, Liguria, Emilia Romagna), sempre molto gradita. Non abbiamo impegni a breve termine, siamo aperti ad occasioni che ci facciano stare bene e che possano offrire la nostra musica agli appassionati e a chiunque apprezzi la musica dei Cure”.

Quella di una coverband è una cultura che guarda al passato: l’approccio ad un nuovo pubblico attuale rende difficile la comprensione di messaggi artistici che richiedono una preparazione musicale e una conoscenza differente da quella ormai imperante?

Forse i Primary sono una tribute band anomala, che non si trucca, che non scimmiotta i Cure e che suona i Cure senza atteggiarsi troppo da Cure: noi pensiamo a questa musica come a un  “veicolo” che emotivamente può condurre chiunque in quel mondo effimero, in quella oscurità dei sogni in cui capita, talvolta, di voler sprofondare. Noi crediamo che queste sensazioni possano essere colte e vissute anche da un pubblico che non conosce in modo specifico l’arte dei Cure: ci emoziona sempre riuscire a trasmetterla e osservare il modo in cui essa venga recepita”.

Marcello Nitti © Geophonìe

(07.04.2021)

 

SYNNE SANDEN | “Sentire” e rinascere.

E’ stato appena pubblicato un E.P. di sei brani dell’artista norvegese, intitolato “Swallowed”  (2021, Nordic Records).

Nel campo dell’arte, esprimersi in solitudine e in raccoglimento è qualcosa di necessario per splendere di consapevolezza e verità: osservare se stessi, e riconoscere le proprie sofferenze, è il percorso che aiuta l’artista ad esprimersi in totale sincerità.

Synne Sanden, musicista norvegese, crea e modella la propria arte ricamando armonie che richiamano dolore e rinascita. La sua musica è colma di verità, carica di umana sofferenza in cerca di libertà.

Da pochi giorni Synne Sanden ha pubblicato “Swallowed”, un EP di sei brani che  ad occhi chiusi ci accompagna in un mondo immaginario e solitario intriso di atmosfere ed emozioni evocative di vuoti esistenziali.

Una relazione sofferta e soffocante può celare alla radice problemi mai risolti, o ancora di più, mai affrontati. Il cercare di imporre la propria forza conduce in un luogo dove i sogni di bellezza vengono annullati con freddezza.

La potenza evocativa prodotta dal dolore viene espressa in arte da Synne Sanden, nel suo lavoro realizzato in collaborazione con Øyvind Blikstad che interviene con maestria orchestrando momenti di calma apparente e furore di riscatto.

 

 

Apre Skeleton che abbiamo ascoltato nell’ultimo album “Initiation” e l’arte di Synne Sanden si afferma subito: un cantato struggente e toccante fugge dal legame di forza e dal possesso.Sostenuto da un video bellissimo che racchiude il sentimento delle terre del Nord fatto di simboli e sguardi profondi, si viene trasportati in un sogno danzante e colmo di mistero. Musica avvincente e teatrale. Un capolavoro interpretativo.

 

Dall’inconscio emerge In the Mud, e la scena diventa intima, di fuga e di silenzio per abbandonarsi in Meltdown, che Synne Sanden con voce sublime e sorretta dalle orchestrazioni Wagneriane di Blikstad  esegue con un’interpretazione affascinante.

A seguire Swallowed, il cui tappeto sonoro si fa aritmetico e avanguardista, e dove la voce della Sanden crea un gioiello di intensa emozione: un brano da palcoscenico di altissimo livello.

Paint your fence è stupenda. Un inseguirsi di stati d’animo qua e là sostenuti dalle meravigliose fughe di Blikstad.Una ricerca chiara, forte e assoluta di libertà da un amore finito, malato e accusatorio.

In sintonia arriva Brick by brick, dolce e rassicurante dove le armonie di Synne Sanden scendono nell’intimo per condurre con amore verso la luce.

Un lavoro di grande evoluzione personale per Synne Sanden. Espressione che proviene dall’Io profondo, per approdare ad una propria dimensione di verità e consapevolezza.

L’unione artistica con Blikstad convince, e il tutto ribolle come lava che accende le speranze e ci conduce a un “sentire” oltre.

www.synnesanden.com

Synne Sanden & Øyvind Blikstad / Swallowed EP 2021

Etichetta | Nordic Records

Marcello Nitti © Geophonìe

06.04.2021- riproduzione riservata

Nocturne, dal Veneto sulle tracce di Siouxsie


Il progetto del prossimo Medimex in Puglia, sul tema del punk-new wave, anche se ancora in fase di definizione, ha destato l’interesse di tribute band nazionali e  circuti culturali, specie nel Nord Italia. Anche i Nocturne continuano a promuovere e diffondere questa musica che dagli anni ’80 sino a tutt’oggi non ha mai smesso di esercitare un fascino notevolissimo.  Alcune formazioni hanno già una storia nel clubbing italiano, altre si propongono oggi, a dimostrazione di quanto ancora vitale sia un genere e un ambiente artistico che continua a proporsi, a rinnovarsi e a produrre.

 “Abbiamo formato la band a Bassano del Grappa in tempi abbastanza recenti, nel 2018” – racconta Ombretta – “nelle prime nostre apparizioni abbiamo esordito con il nome NoBlinkers. L’intento era quello di celebrare le principali bands della new wave come i The Cure, The Sound, Killing Joke e Siouxsie and The Banshees. La formazione era così composta: Shadine Reds (voce); George Blased (chitarra); Mark Hook (basso); Morris Le Baptiste (batteria). In seguito al successo di un nostro  live al Dublin Castle Camden a Londra, il 5 ottobre del 2018 – dove ci era stato chiesto esplicitamente di eseguire solo brani di Siouxsie and The Banshees – la band, rientrata in Italia, ha deciso di cambiare il nome in NOCTURNE – Siouxsie and The Banshees Tribute Band. La formazione è rimasta la stessa ma con l’inserimento un nuovo chitarrista, Luke Ritz. Con lui si è instaurato da subito un rapporto costruttivo e di continua crescita. Siamo un gruppo accomunato da una grossa passione nei confronti di Siouxsie, siamo entrati subito in sintonia”.

Abbiamo chiesto ai Nocturne quali sono state le prime tappe del loro percorso.

 “L’esordio dei Nocturne in Italia è avvenuto al “Vinile” a Rosà (VI) il 12 aprile 2019, luogo cult della scena punk degli anni 70-80-90 e tuttora. Altro locale storico è il Black Star a Ferrara, dove partecipiamo spesso agli eventi principali delle loro programmazioni, come la reunion di band post punk per la festa di Halloween: il  31 ottobre 2019 eravamo lì con altre band nazionali, serata emozionante. Molti appassionati, quella sera, hanno riconosciuto la grinta, l’ermetismo, l’essenzialità e la nostra capacità di reinterpretazione dei brani, noi cerchiamo di riproporli con una nostra visione,  pur mantenendo l’essenza dei pezzi originali”.

La storia musicale dei componenti attuali dei Nocturne parte da lontano …

“Si, è vero. I “Frigidaire Tango”, di cui fa ancora parte Morris Le Baptiste, suonarono come gruppo spalla dei The Sound nel febbraio del 1983”, continua Ombretta. E il batterista Morris racconta: “I Sound avevano in programma alcune date nel Nord Italia, il 14 nei pressi di Bologna (Teatro Disco Puntacapo), il 15 a Milano (Teatro Orfeo), il 16 a Vicenza, il 17 a Firenze (Manila) e il 18 nei pressi di Brescia, precisamente a Rezzato. Dopo quattro date erano terminati i soldi della produzione per pagare le spese dei Frigidaire ma Adrian Borland ci volle con loro per terminare il tour pagando di tasca sua le spese necessarie. Gesto generoso da parte di Borland, persona riservata e discreta”.

Morris ci racconta un altro aneddoto.

“Ricordo che il batterista Mike Dudley si presentava in taxi ad ogni data, faceva il sound-check e rientrava in taxi all’albergo, poi al momento del live ritornava, sempre col suo taxi. Non riuscii mai a confrontarmi con lui riguardo il nostro strumento, preferiva ritornare in albergo e rispettare uno stile di vita sano.  A vederli erano ragazzi tranquilli” – dice Morris – “erano semplici, lo saranno ancora adesso credo … quando però salivano sul palco e iniziavano a suonare si trasformavano. Tutta la loro energia si sprigionava con una forza dirompente alla quale non potevi sottrarti. Il nome della band non poteva essere più azzeccato”.

Abbiamo conversato con i Nocturne parlando dei motivi del loro interesse specifico per Siouxsie.

“Inizialmente l’interesse della band era rivolto a diversi gruppi, come già detto. L’interesse specifico per Siouxsie è nato dopo aver visto il live della band alla “Royal Albert Hall” a Londra, con Robert Smith alla chitarra. In quel concerto strepitoso, dove l’incipit è affiddato alla “sagra della primavera” di Igor Stravinsky, ci sono i brani più belli della discografia dei Siouxsie and The Banshees, da Israel che apre il concerto, a Melt, Painted Bird, Spellbound, Arabian Knights, Monitor, Sin in my heart, Halloween: tutti brani raccolti nell’album “JuJu” dove la chitarra fa la differenza con John McGeoch.  

E’ l’album più apprezzato dalla critica, e considerato anche da noi una pietra miliare del post punk proprio per l’utilizzo non convenzionale della chitarra e le performance vocali di Siouxsie. Amiamo molto anche gli album precedenti, naturalmente: “Kaleidoscope” con tracce come Happy House, Christine, Paradice Place e “The Scream” che fu un punto di riferimento per altre band importanti del periodo come ad esempio per i Joy Division, e che raccoglie brani per noi fondamentali, come Hong Kong Garden, The Staircase e Mirage”.

E’ un momento difficile per i progetti ….

“I progetti futuri, vista l’emergenza Covid, si focalizzano sulla ripresa dei live nei luoghi ove la musica dei Siouxsie and The Banshees è apprezzata. Recentemente, grazie alla presenza nella band di Morris,  abbiamo iniziato a scrivere brani inediti. I “Frigidaire Tango” sono un’origine di cui andiamo fieri, fu una band che agli inizi degli anni ‘80 attirò l’attenzione dell’ambiente musicale alternativo. Proprio in questo periodo, visto il riposo forzato, ci stiamo dedicando agli arrangiamenti, ma anche alla nascita e allo studio di un nostro nuovo progetto”.

Chiediamo ad Ombretta, la Siouxsie della band, quale possa essere il senso di una tribute band oggi, con una musica che guarda al passato ed un pubblico attuale ormai lontano dal clima culturale di quegli anni ….

“I Nocturne cercano di riproporre i brani dei Siouxsie and The Banshees richiamandone, quanto più fedelmente possibile, alcune di quelle atmosfere sonore. E’ uno spettacolo che cerca di trasmettere anche il valore di certi dettagli: l’aspetto visivo ha la sua parte, il make-up pesantissimo, la parrucca nera, quegli abiti sado-maso, erano lo specchio di un disagio e delle difficoltà che la società di quei tempi esprimeva anche attraverso l’abbigliamento, oltre che attraverso i testi e le sonorità. Tutto aveva un significato ben preciso e per comprendere i messaggi di questi gruppi punk occorreva una certa sensibilità musicale, una preparazione. Il prodotto artistico che emerse da tutto questo fu di alto livello, creò una nuova estetica, il fascino suadente e inquietante, ma allo stesso tempo elegante di Siouxsie Sioux, fu di grande impatto, fu un personaggio originale ed eclettico. L’attuale cultura musicale è ben lontana da quelle atmosfere. L’attuale mercato, le trasmissioni televisive sono legate all’apparire e ad “avere tutto subito senza fare fatica” …  sappiamo benissimo che non funziona proprio così!”

Il Medimex potrebbe essere un momento di grande festa, con incontri speciali che gli “addetti ai lavori” hanno desiderato per lunghi anni.

“Abbiamo letto sui giornali che tra i nomi degli artisti richiesti potrebbe esserci proprio quello di Siouxsie, sarà difficile, sappiamo che lei è lontana dalle scene da diversi anni, ma chissà: noi vogliamo sperare. E ci piacerebbe tanto essere lì. Un raduno delle migliori tribute band italiane sarebbe un momento di aggregazione che passerebbe alla storia, e che difficilmente si ripeterà. La manifestazione del Medimex ci sembra adatta, vista la varietà dell’offerta di eventi e la pluralità di location che pare possano essere scelte, tra i capoluoghi e quei fantastici Comuni della provincia pugliese. Conosciamo bene la storia della new wave degli ’80, e di quei primi eventi che si realizzarono proprio lì”.

(04.04.2021) Marcello Nitti © Geophonìe

Heart And Soul, dai Joy Division ai Permanent

Dal Veneto al Belgio, all’Olanda, a Berlino: storia dei Permanent,  fenomenale tribute band italiana che ha emozionato Peter Hook.

Permanent (da sinistra, Alice Nick, Agostino,Cosimo, Alex)

Chi vive nel Nord Italia e frequenta i circuiti del clubbing si sarà certamente imbattuto in un uno dei tanti eventi che in questi anni, un po’ ovunque, hanno offerto spazio alle performance dei Permanent, la band veneta che con oltre cento concerti già realizzati ha riportato la musica dei Joy Division sui palcoscenici della musica dal vivo. E chiunque abbia avuto l’occasione di vederli non ha potuto nascondere il proprio stupore, per l’intensità trasmessa, la potenza sonora, la capacità espressiva, la perfezione tecnica: “sembrano migliori dei Joy Division”, è il commento che regolarmente circola e serpeggia nel pubblico, che ad ogni performance viene sopraffatto dall’emozione di una grande musica finalmente riproposta con maniacale precisione, con un approccio rispettoso e professionale che svela un lungo, costante studio, e un grande amore.

Lo stivale è lungo da percorrere, la Puglia, e in generale il Sud Italia, sono le aree che non hanno ancora ospitato questo ensemble di musicisti che scorazza da anni nel Nord e nel Centro Italia. Un’occasione potrebbe essere offerta dal Medimex, la rassegna realizzata nel 2019 in Puglia, e che nel 2020 era in corso di preparazione proprio sul tema della New Wave. L’organizzazione ha dovuto registrare la necessaria battuta d’arresto indotta dalla pandemia, e anche per il  2021, sullo stesso tema, tutto è ancora da definire.

Permanent (31.10.2018, Circolo Blackstar, Ferrara)

“La band dei Permanent si è formata a Padova nel 2016” – ci raccontano Nick e Alice – “Tra le prime prove della band e il primo concerto trascorsero una manciata di mesi, ma da quel momento ogni stagione è stata una escalation, fino a raggiungere e superare i 100 concerti. Nel Maggio 2019 abbiamo ricevuto una mail inattesa da parte di Peter Hook che ci ha nominati Tribute Band Ufficiale Italiana, un’emozione grandissima: per noi ha rappresentato un nuovo tassello aggiunto a questo percorso,  in continua evoluzione”.

I Permanent sono stati in questi ultimi anni richiestissimi.

“Abbiamo avuto il piacere di suonare nei live club in mezza Italia, alcuni storici come l’Exenzia (PO), Vinile (VI), Blah Blah (TO), Base Milano (MI), Mikasa (BO), Midnight (BG) ma anche molti locali da Trieste a Genova, passando per Firenze, Pavia, Parma, Bergamo, fino ad arrivare in Belgio, Olanda e Germania”.

Alice Costantini (31.10.2019, Circolo Blackstar, Ferrara)

“Nel Giugno 2019, in occasione del quarantennale dall’uscita di Unknown Pleasures, si è tenuto il primo raduno Italiano dei fans dei Joy Division presso il Parco della Musica di Padova, con la partecipazione di appassionati arrivati da diverse Regioni Italiane. In questo evento, a cui abbiamo contribuito in parte anche con una nostra collaborazione artistica, è stato eseguito l’intero album Unknown Pleasures con le b-sides dal vivo tutto d’un fiato, sul palco delle grandi occasioni. Nel pomeriggio si svolse un reading tematico, con storia,  aneddoti e live in acustico, regali e coinvolgimento dei partecipanti con alcuni semplici quiz. E’ stato un evento unico che speravamo di poter replicare, prima di essere “interrotti” nel 2020 dalla situazione attuale che purtroppo permane”.

Sono stati anni on the road, con il furgone sempre pronto e carico di strumenti, in giro per mezza Italia, tanti incontri, nuove amicizie, serate emozionanti. “Sicuramente tra gli eventi che più spesso ricordiamo, ci sono quelli all’estero. A volte non solo per il live, ma per tutta l’esperienza condivisa insieme, il viaggio, gli incontri, gli inconvenienti, i paesaggi. Il primo viaggio non si scorda mai! Il primo fu in Belgio, con un furgone a noleggio, la visita all’ex Le Plan K (il club in cui i JD si esibirono e Ian incontrò Annik, durante il loro primo tour extra UK), i pasti saltati perchè alle 20:00 dovevamo essere sul palco, o quelli improvvisati nelle panchine di un distributore, l’incontro quasi rocambolesco con il cantante di una band post punk 80s con cui condivdemmo una serat: si trattava di una band che a suo tempo era uscita con un pezzo e un clip in buona rotazione, e che diventò poi la nostra “colonna sonora” per il resto del viaggio”.

Essere ingaggiati da grandi club all’estero rappresenta un momento di grande soddisfazione per una tribute band italiana, è il segno concreto di una notorietà in crescita, dimostrativa del fatto che si è seminato bene anche sul versante della comunicazione.

“Emozionante per noi è stata anche l’Olanda, con tutto ciò che quel viaggio ha comportato,  dagli inconvenienti con i copiosi autovelox, alle bellissime città, all’hotel da “vere star”: la partecipazione delle persone del posto era diversa da quella italiana, era eccitante l’incontro con chi si era fatto qualche centinaio di km per esserci quella sera”.

Cosimo Mitrugno e Alice Costantini (12.10.2019, Circolo Arci, Parma)

Poco prima del lockdown, il vostro momento più bello.

“Si , certo. E’ stato l’ultimo live prima del lockdown, a Berlino. Un sogno che si realizzava, la città tappezzata di manifesti, l’agitazione di chi quella stessa sera inaspettatamente  diventava papà praticamente sul palco: era il nostro chitarrista, Cosimo Mitrugno, lo abbiamo festeggiato suonando.  Fu piacevolissimo l’incontro con Mario Usai, musicista sardo di nascita ma residente in Germania, che ormai da anni milita nei Clan of Xymox. Abbiamo avuto l’onore di poter suonare con lui Transmission quella sera. E’ stata emozionante, poi, la sorpresa di alcuni amici Italiani che si erano organizzati per essere lì quel weekend e supportarci!”

Il Nord Italia, però, resta una base fondamentale per voi.

“Certo, abbiamo avuto l’opportunità di esibirci moltissimo, ricordiamo anche con grande emozione l’esperienza genovese, in una location che si affacciava sul mare: la mattina seguente non potemmo risparmiarci il giro d’obbligo al Cimitero Monumentale Staglieno, luogo in cui sono state scattate le foto poi divenute la copertina di Closer e di diversi singoli in vinili, ufficiali e bootleg. In questi anni vi sono stati molti eventi che ricordiamo sempre con piacere: sono quegli eventi in cui abbiamo condiviso il palco con altre tribute band. E’ sempre bello avere anche questo tipo di scambi con realtà diverse e musicisti  accumunati dalla stessa passione per un periodo musicale a cui molti artisti ancora oggi si ispirano”.

Nick Gallup (Permanent)

E dopo tanti concerti, finalmente, il magico incontro.

“Il 29 Agosto 2019 abbiamo incontrato Peter Hook, durante la sua tappa Italiana con i The Light. Eravamo riusciti a contattare il suo staff per ottenere un breve incontro post concerto, e dopo uno scambio di mail nei mesi precedenti ricevemmo l’ok dal suo tour manager, qualche giorno prima della data. Il concerto è stato trascinante, è stato bello poter ascoltare assieme a tanti amici e fans quegli stessi brani che poi riproponiamo anche noi,  ma eseguiti da chi quei pezzi li ha scritti, arricchiti da arrangiamenti sicuramente fedeli ma personalizzati al sound della sua nuova band. La cosa divertente è che, per prepararci a questo grande giorno, avevamo pensato di preparare qualcosa di locale da regalargli. E così abbiamo composto un pacco con alcuni prodotti legati al nostro territorio, considerando  anche il problema che poi in aereo potesse costituire un problema portare liquidi o vasi troppo grandi. Il vino è stato quindi escluso a priori, anche perché avevamo scoperto che Peter Hook non beve alcun alcolico. E così, in questo pacco si è trovato Bigoi de Bassan, Mostarda Veneta, Fagioli di Lamon, Bibanesi e varie cose particolari e forse inusuali … chissà se poi sarà riuscito a cucinare qualcosa! Abbiamo anche inserito un nostro demo acustico completato proprio in tempo per l’incontro, adesivi e gadget vari, ma soprattutto la nostra maglietta che simpaticamente poi lui ha indossato, e con cui l’abbiamo visto anche andare verso l’hotel a fine serata: quindi le foto di rito, ma anche le frasi scambiate, quando lui ci ha chiesto scherzosamente se avessero suonato meglio loro, quella sera, o noi, o quando leggendo dalle nostre maglie il nome Permanent ha esclamato: “Oh, the official!” Questo incontro è stato un momento unico e ancora fatichiamo a credere sia avvenuto davvero … per fortuna ci sono le foto a testimoniarlo”.

Qual è il senso ed il valore della musica dei Joy Division oggi?

Crediamo che il valore artistico dei JD risieda nella capacità della band di parlare al “cuore e all’anima” delle persone, con arrangiamenti relativamente semplici e immediati, abbinati a suoni scarni e secchi utilizzati in maniera allegorico – descrittiva (vetri infranti, bottiglie che si rompono … sono chiaramente allusivi) e a  testi introspettivi, colti e incredibilmente schietti. Ian guardava dentro sé stesso, consapevole delle sue crescenti difficoltà e mettendo a nudo senza paura i lati deboli di un essere umano sempre più disilluso e  verso il baratro (“Let’s take a ride out / To see what we can find / A valueless Collection of /hopes and past desires” (24 hours); “guess the dreams always end/they don’t rise up just descend/ but I don’t care anymore / I lost the will to want more” (Insight).

Agostino Taverna (Permanent)

“Portando in giro la musica dei Joy Division, abbiamo sempre riscontrato questo coinvolgimento interiore che la loro musica – a distanza di 40 anni – riesce a realizzare tuttora, anche verso un ascoltatore solo mediamente attento. Lo vediamo con chiarezza alla fine dei concerti che facciamo” – dice Nick – “quando molte persone, da ogni parte di Italia /Europa, che evidentemente non si conoscono tra loro, esprimono concetti simili a commento della loro esperienza del live appena vissuto: spesso ci è capitato di parlare con persone che, con occhi brillanti e finanche umidi, dichiarano apertamente ad estranei di aver superato periodi tremendi o di aver scongiurato addirittura pensieri autodistruttivi attraverso l’ascolto (attivo, profondo, fatto proprio) dei testi di Ian, ricavandone un’immagine nitida del suo sacrificio per aver tanto precisamente guardato in faccia i meandri più oscuri e paurosi dell’animo umano: ascoltare la sua musica, leggere quei testi, incoraggia a resistere ed a portare avanti quei sentimenti che alla fine hanno fatto soccombere Ian stesso, ma dato loro una ragione (in più) per vivere, intensamente e consapevolmente, la vita e i suoi percorsi”.

“Se la musica dei JD, senza essere orecchiabile, annovera adepti sempre nuovi anche al giorno d’oggi è perché è già dentro di noi” – continua Alice – “ toglie solo le barriere e i veli che abbiamo tra l’immagine figurativa di noi stessi e la scoperta del nostro vero essere (“Existence well what does it matter? / I exist on the best terms I can / the past is now part of my future / the present is well out of hand“ (Heart & Soul)”.

Il futuro della tribute band è legato alle opportunità di esibirsi ancora dal vivo:

“Viviamo di continue innovazioni e stimoli reciproci. Nel 2018 abbiamo debuttato come  trio semi-acustico, ora molto richiesto anche in risposta alle esigenze dei locali  derivanti dalla pandemia in atto (spazi ristretti, budget..anche!). Ci siamo confrontati e, dato che i Joy Division hanno un repertorio relativamente ristretto di pezzi, abbiamo concluso che le esigenze attuali di “commerciabilità” dei concerti richiedono ora più flessibilità sia nell’offerta artistica che nella formazione sul palco. Abbiamo elaborato il progetto di offrire al pubblico ed ai locali  tipi diversi di spettacolo, modulabili in base alla formazione (quintetto, trio, anche duo elettronico), al target (locale dark, locale “normale”, festa privata, raduno fans…) ed alle esigenze del committente”.

“Il nostro progetto per l’immediato futuro è proporre il sequel dei Joy Division, ovvero i New Order, proponendone i brani più significativi a cominciare da quelli composti nell’immediatezza della loro formazione (1980/81). Un primo concerto, tenutosi il 26 settembre 2019 in provincia di Treviso, ha dato esiti molto favorevoli, con il coinvolgimento di pubblico proveniente da località anche molto lontane”.

“Stiamo ripensando l’offerta artistica, con arricchimenti in corso di implementazione, come i visual. Le ristrettezze dettate dalle normative anti covid hanno certamente ridotto le occasioni di suonare, aprendo tuttavia altre occasioni a maggior valore aggiunto, da trovare e realizzare con i gestori/committenti. E’ chiaro, però, che il nostro desiderio è quello di poter risalire su un grande palco a cielo aperto, insieme a tanti altri musicisti e, perché no,  anche accanto a qualcuno dei nostri idoli. Per questo, il programma annunciato dal Medimex ci ha immediatamente allertato. Sarebbe un onore per noi suonare lì, dove si sono esibiti nell’ultima edizione giganti come i Kraftwerk e Patti Smith, e dove si parla oggi di nomi come Siouxsie, Psychedelic Furs, Pretenders, Simple Minds, New Order e Bauhaus”

Marcello Nitti © Geophonìe

 

Verso il Medimex 2021

medimexLa manifestazione musicale volge alla sua decima edizione.

ll Medimex, International Festival & Music Conference, promosso dalla Regione Puglia con progetto di Puglia Sounds, è stata una manifestazione che in questi anni ha assunto grande rilievo culturale, sociale e artistico. Ma la pandemia del 2020, quando si programmava la sua decima edizione, ha purtroppo costretto il management a spegnere i motori e  restare in fiduciosa attesa: l’edizione in programma dal 16 al 25 aprile venne rinviata a data da destinarsi, ma per quella del 2021 si credeva – e si crede ancora – che non tutto sia perduto. Dipende dall’emergenza nazionale  e dal lockdown, la cui gestione muta di giorno in giorno.

Il Medimex nacque nel 2011, dalla volontà di Puglia Sounds di costruire un’occasione d’incontro reale tra la scena musicale italiana e quella internazionale e la manifestazione venne concepita come momento di crescita e sviluppo per il mercato della musica pugliese e italiana. Il progetto era ed è quello di attrarre in Puglia i migliori player internazionali e di investire sulla musica come strategia regionale per diffondere i valori trasversali e universali che la cultura europea promuove: diversità, inclusione, capacità di ispirare positivamente il pubblico; ma anche come fattore in grado di generare occupazione, favorire la crescita economica e promuovere l’innovazione digitale.

Storicamente il Medimex esordì come luogo di confronto tra le musiche del Mediterraneo, crebbe come Salone dell’Innovazione Musicale e si è poi evoluto in International Festival & Music Conference, dal 2017, sul modello della music week, al passo con i cambiamenti del settore musicale.

L’edizione del 2017 fu quella che segnò il cambiamento più radicale della manifestazione. Lasciata la Fiera del Levante di Bari, che ospitava il salone espositivo, il Medimex invase  le strade del capoluogo pugliese con i suoi molteplici appuntamenti per il grande pubblico, e grazie anche a un nutrito calendario di attività rivolte ai professionisti del settore musicale raggiunse il sold-out delle strutture ricettive sul territorio. La presenza di pubblico è stata negli anni a seguire  eccezionale, ed importante è stata l’offerta tra gli stage, con grandi eventi e appuntamenti professionali e di formazione.

All’edizione 2017 di Bari sono seguite un’edizione a Taranto nel 2018  e due edizioni a Foggia e a Taranto nel 2019. Il Medimex è diventato itinerante. Il progetto ha cominciato a coinvolgere altre città oltre Bari. L’intera regione si è aperta al pubblico, agli operatori e agli artisti.

Questo appuntamento annuale, entrato nelle agende del mercato musicale italiano e internazionale, rappresenta una grande risorsa per chi voglia sperimentare la scena musicale globale attraverso l’incontro, l’approfondimento, la creazione di reti e la promozione del proprio lavoro. Il Medimex è una Festa della Musica con decine di concerti, dj set, mostre, proiezioni e numerose attività off. E mentre i grandi nomi internazionali contattati sono in attesa di conferme, anche un’altra generazione di artisti e appassionati guarda alla manifestazione, desiderosa di offrire un proprio contributo e di trovare uno spazio di visibilità: proprio come tanti di quei gruppi punk-new wave che nei primissimi anni ’80 trovarono proprio in Puglia le loro prime opportunità per esibirsi di fronte a un grande e nuovo pubblico.

Se il Medimex riuscirà a riportare sul suolo pugliese quei gruppi emergenti di allora, oggi vecchie glorie affermate e ancora amate, sarà un’esperienza emozionante poter affiancare alle grandi performance anche altri eventi musicali: come in una sorta di passaggio di testimone generazionale, che rievocando e alimentando una storia sociale e musicale che ci fa onore, vedrà la Puglia ancora artefice di una splendida continuità.

Marcello Nitti © Geophonìe