Omaggio a Ennio MorriconeQuando all’improvviso dal mondo scompare un grande, quello è il momento in cui si comprende davvero quanto sia enorme il vuoto, il cratere che una tale perdita produce. Lo si scopre subito, in un attimo, non appena si viene raggiunti dalla percezione dell’incolmabile che emerge dal raffronto con l’ordinaria capacità degli altri, la sensibilità degli altri, il talento degli altri, di tutti gli altri.

I grandi sono insostituibili, sono persone speciali, straordinarie, col proprio genio sono in grado di spingere il mondo in avanti, di superare il limite della conoscenza, creando ciò che prima di loro non esisteva.
Ci si guarda intorno e in un solo attimo si realizza che nessuno è al loro livello. Ed ecco che il vuoto, il cratere, lo si vede in tutta la sua evidenza.

Ennio Morricone con la sua musica visionaria ha portato avanti il cinema, gli ha fatto compiere un balzo enorme, così come come lo ha fatto compiere alla musica tradizionale dai cui territori per i suoi studi accademici proveniva, mescolandola con suoni che hanno esteso in modo sconfinato il campionario delle sonorità che oggi definiamo “musica”.

In un saggio di musicologia di qualche anno fa, “Superonda. Storia segreta della musica italiana” (Valerio Mattioli, Baldini&Castoldi, 2016, ISBN 9788868529031) con stupore si scopre – in un capitolo specificamente dedicato a Morricone – che il Maestro “esercitò quasi immediatamente una sottaciuta influenza proprio in America” tra gli sperimentatori di tutti quei suoni espansi e fisici che poi diedero vita alla musica psichedelica. Il western all’italiana prodotto tra il 1964 di Per un pugno di dollari e il 1968 di C’era una volta il West introdusse in America quel campionario di campane, schiocchi e rintocchi, fischi, armoniche solitarie, chitarre spagnoleggianti, trombe messicane, cigolio di porte, rumori di bosco, di venti impetuosi, gocciolii ossessivi di acqua, suoni deformati di gong e di echi, luci abbaglianti di sole portatrici di allucinazioni e miraggi che condussero gli sperimentatori d’oltreoceano verso il rock lisergico.

Ma l’influenza della musica di Ennio Morricone ha raggiunto tantissimi generi e stili musicali.
La sua scomparsa ci commuove e ci induce ad affermare, ma anche incentivare, il sentimento di gratitudine e di ammirazione che si deve ai grandi e che invece, colpevolmente, una società massificata e qualunquista, superficiale e demagogica tende talvolta a sminuire, trascurare o proprio oscurare, quasi come se l’essere geniali e speciali sia un disvalore di cui vergognarsi. Saranno pur beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Ma i grandi di spirito, quelli che svelano i nostri limiti e riescono a farceli accettare senza invidia e rancore, compensandoci con la loro arte salvifica, meritano onore e gloria qui in terra.

Grazie Maestro Morricone. Ci mancherai.

6/7/2020
Giuseppe Basile © Geophonie