Sui palchi dal 1999, i torinesi “Primary” sono un punto fermo per la promozione dell’arte musicale di Robert Smith & The Cure nel Nord Italia.
Marco Isaia e Riccardo Guido li abbiamo incontrati in occasione di un raduno dark wave tenutosi a Ferrara, e nel vederli sul palco abbiamo immediatamente riconosciuto la loro esperienza e sicurezza tipica delle band ormai collaudate, solide, con la padronanza del repertorio e la professionalità delle esecuzioni che soltanto il tempo e la militanza live possono attribuire. Le storie personali dei Primary, infatti, partono da lontano.
“Fondammo la band nel 1999” – dice Riccardo (Rik) – ma ognuno dei componenti aveva un’esperienza pluriennale in campo musicale, con numerosi progetti alle spalle, alcuni dei quali ancora attivi.
Abbiamo sempre realizzato la nostra musica originale (con varie formazioni come TeaTime, Umornoir, Merce Vivo, Estetica Noir), ma parallelamente abbiamo sempre coltivato il nostro interesse per l’esperienza delle tribute/cover band (con gruppi come Mr Frankly The Smiths Cover, Control Joy Division Cover, The Reflex Duran Duran Tribute Band, Sneakers Depeche Mode Tribute Band)”.
Grazie a questa versatilità, i Primary in tutti questi anni sono sempre stati al centro di numerose collaborazioni con altre cover band dell’area torinese: esperienze, queste, tuttora aperte. Marco Isaia (Voce e Chitarra), Luca Lazzaroni (chitarra), Riccardo Guido (basso), Enrico De Stefani (keyboards) e Fabio Prettico (Drums) sono un gruppo di musicisti di lungo corso.
“Nel 1999, grazie alla volontà di un gruppo di amici, trovammo nel mondo immaginario creato dalla musica dei Cure un territorio dove ritrovarsi, divertirsi e appassionarsi alla musica suonata dal vivo. La formazione originaria, (voce, due chitarre, basso e batteria) rimase stabile per diversi anni, fino all’integrazione delle tastiere, che arricchirono il suono grezzo degli inizi e hanno poi contribuito significativamente ad ampliare il repertorio verso atmosfere più raffinate, ma sempre caratterizzate da un forte impatto live.
Dopo un periodo di stasi di alcuni anni, in cui i membri originari intrapresero nuovi e diversi percorsi musicali, il gruppo ha ritrovato forza e motivazione con una formazione che in parte ricalca quella originale e in parte include i membri di un’altra cover band dei Cure di Torino, gli Other Voices, amici e compagni di viaggio del percorso Primary”.
“La formazione attuale (voce, due chitarre, basso, batteria e tastiere) ha ripreso vita con una serie di concerti caratterizzati da una profonda ricerca sonora che spazia ampiamente nel repertorio dei Cure, dai pezzi dell’esordio del 1979 tratti da Three Imaginary Boys fino al 2008 di 4:13 Dream, passando per i classici degli anni ’80-’90 senza trascurare sonorità più cupe e malinconiche che caratterizzano distintamente i Cure nel panorama del dark/gothic rock. Ne sono un esempio i brani meno noti al grande pubblico e a noi molto graditi: spesso li riproponiamo nei live, come quelli tratti da 17 Seconds, Faith, Pornography, The Top, The Head On The Door, Kiss me Kiss me Kiss me, Disintegration, Wish, Wild Mood Swings e Bloodflowers”.
Grazie all’ampiezza del repertorio accumulato in più di venti anni di vita musicale, la band ha proposto in diverse occasioni delle serate “a tema”, dedicate a diversi album dei Cure, suonati interamente dal vivo in occasione di importanti ricorrenze temporali. Ne sono state un esempio le serate intitolate “Primary play Pornography”, “17seconds x 40 years” e “30 years of Disintegration” dedicate interamente a tre degli album più belli della discografia dei Cure.
Abbiamo chiesto ai Primary se abbiano mai conosciuto o incontrato direttamente The Cure.
“Purtroppo no” – ci dicono Rik e Marco – “ma il nucleo originario della band si conobbe proprio ad un concerto dei Cure, nel 1996. Tre anni dopo iniziammo a suonare con una formazione embrionale, con l’attuale cantante nelle vesti di chitarrista e un giovanissimo cantante del tutto improvvisato, poi dipartito per divergenze musicali. La formazione attuale conserva ancora due dei membri originari, dopo più di 20 anni di amicizia e musica insieme”.
Nel corso di tutti questi anni, qual è l’opinione che avete maturato sul valore artistico dei Cure e sul loro successo?
“Abbiamo sempre riscontrato, in tutti i concerti, questo trasporto del pubblico, questa attrazione che la musica dei Cure esercita verso quella “discesa catartica” nel loro mondo visionario: hanno sempre saputo descrivere atmosfere assolutamente originali, poi sempre imitate da tutti i gruppi dell’ambiente dark wave. I loro intrecci di chitarre, i tappeti di tastiere e le liriche evocative richiamano immagini sognanti e allucinazioni che tutti in qualche modo, prima o poi, vivono nella propria interiorità. E’ una musica profonda, profondissima, quella dei Cure. Addentrarsi là dentro é la nostra impresa quando saliamo sul palco, e condurre il pubblico in questo mondo visionario è ciò che ci gratifica”.
Quali sono le prospettive per una tribute band come la vostra ….
“Suonare è un piacere, purtroppo però ci rendiamo conto che non possiamo farlo diventare una professione. Siamo appassionati, ma ognuno di noi ha i propri (molti) impegni. Non per nulla continuiamo a calcare palchi cittadini, con qualche puntata estemporanea fuori regione (Lombardia, Liguria, Emilia Romagna), sempre molto gradita. Non abbiamo impegni a breve termine, siamo aperti ad occasioni che ci facciano stare bene e che possano offrire la nostra musica agli appassionati e a chiunque apprezzi la musica dei Cure”.
Quella di una coverband è una cultura che guarda al passato: l’approccio ad un nuovo pubblico attuale rende difficile la comprensione di messaggi artistici che richiedono una preparazione musicale e una conoscenza differente da quella ormai imperante?
“Forse i Primary sono una tribute band anomala, che non si trucca, che non scimmiotta i Cure e che suona i Cure senza atteggiarsi troppo da Cure: noi pensiamo a questa musica come a un “veicolo” che emotivamente può condurre chiunque in quel mondo effimero, in quella oscurità dei sogni in cui capita, talvolta, di voler sprofondare. Noi crediamo che queste sensazioni possano essere colte e vissute anche da un pubblico che non conosce in modo specifico l’arte dei Cure: ci emoziona sempre riuscire a trasmetterla e osservare il modo in cui essa venga recepita”.
Marcello Nitti © Geophonìe
(07.04.2021)