Il suo è  forse il più bell’album dell’84

A molti, il nome non dirà granchè, visto che i suoi lavori non hanno un seguito entusiasasmante e che lui ama firmarsi con il nome di Mighty Wah. Inglese, grande amico-nemico di Ian McCulloch degli Echo and the Bunnymem e di Julian Cope dei Teardrop Explodes, Pete Wylie collaborò proprio con questi musicisti in una Liverpool sempre rivolta ai Beatles intorno al ’77-’78.

Pete Wylie dei tre ha avuto meno successo, ma non per questo è da considerarsi il meno preparato; anzi forse dei tre è quello che più è riuscito a spaziare in diversi generi musicali. Indubbiamente, una varietà di stili ha disorientato la sua audience, ma ha arricchito notevolmente le sue attuali composizioni. Pensate che Pete Wylie non riusciva ad ottenere un contratto discografico perché le sue canzoni erano valutate in maniera disastrosa.

Per fortuna nell’estate dell’84 veniva pubblicato un E.P. che era il preludio alla pubblicazione di un album; il titolo del singolo “Come Back”,  ovvero un gradito ritorno all’eclettico Wah. Subito dopo esce l’album “A word to the wise guy”: un capolavoro. L’album contiene in omaggio un E.P. dal titolo “You Learns” cantata in un “rap elettrico” da Eugene Lange, e un opuscolo con testi delle liriche. I brani contenuti hanno il potere di accennare entusiasmi, di far vorticare sogni-idee-pensieri, di soddisfare passione e di far amare.Ogni perla di questa collana ha il suo colore nutrito da altri colori, forse il più bell’album del 1984.

Provate ad ascoltare “Weekends” o “I know was somethings” e le influenze soul penetreranno nella pelle, o ancora “Come Back” o la grandiosa “Body ‘n’ soul” dove fiati e cori sembrano fiumi di farfalle volteggiare in un’aria di festa, fino a raggiungere il vertice con “The last Generation”, dove il buio ha vergogna di esistere.

In questi giorni appare sul mercato un altro E.P. di Pete Wylie (in arte “Wah!”) e contiene tre differenti versioni di “Weekends”, “The lost generation” e “Body ‘n’ soul”, trattate con semplicità acustica e con un’intimità da rispettare. Il miglior album dell’84, dicevamo, ha come titolo “A word to wise guy” e Pete Wylie ne è l’autore, e lui stesso, forse con una punta di presunzione, che a volte non guasta, ci ricorda che “le cose di qualità non hanno paura del tempo”.

Marcello Nitti © Geophonìe